martedì 26 luglio 2016

EFFETTI DELLE RADIAZIONI SULLA LUNA



A causa delle radiazioni cosmiche durante le missioni spaziali i pannelli fotovoltaici, i circuiti integrati ed i sensori possono rimanere danneggiati da intensi livelli di radioattività. Nel 1962 un'esplosione nucleare ad alta quota (la cosiddetta prova Starfish Prime) provocò un temporaneo aumento di energia nella regione, causando malfunzionamenti in numerosi satelliti. Per tale motivo il posizionamento dell'orbita di un satellite artificiale tenta il più possibile di evitare la presenza delle fasce di Van Allen. Può anche accadere che le componenti elettroniche delle sonde risultino danneggiate da forti tempeste magnetiche. La miniaturizzazione e la digitalizzazione dei circuiti logici ed elettronici hanno reso i satelliti più vulnerabili all'influsso delle radiazioni, giacché la carica degli ioni impattanti può essere addirittura maggiore di quella contenuta nel circuito. Oggigiorno i sistemi elettronici dei satelliti vengono resi più resistenti alle radiazioni per durare più a lungo. I sensori del telescopio spaziale Hubble, ad esempio, vengono sovente spenti quando l'apparecchio attraversa regioni di radiazione intensa come l'Anomalia del Sud Atlantico. Le fasce di radiazione della Terra, in effetti, pongono vincoli importanti alla sicurezza dei voli spaziali con equipaggio. I protoni ad alta energia (da decine a centinaia di mega-elettronvolt) della fascia interna sono i più pericolosi e i più difficili da schermare. Specificamente, voli prolungati di umani o altri animali in orbita terrestre devono essere condotti a quote inferiori a 400 km per evitare esposizioni significative alle radiazioni. Una persona nella cabina di uno space shuttle in orbita circolare equatoriale nella regione più intensa della fascia interna, ad un'altitudine di circa 1600 km, sarebbe soggetto a una dose letale in meno di una settimana. Si tenga sempre presente che le radiazioni iniziano ad essere dannose per l’organismo dopo i 700 km dalla Terra e diventano letali ad una distanza tra i 14.500 e i 19.000 km dalla Terra. La stazione spaziale internazionale orbita a soli 380 km dalla Terra mentre la Luna è distante 384.000 km. Appare evidente che per arrivare sulla Luna è necessario attraversare le fasce di van Allen e nessuna astronauta al mondo, di nessuna nazione, si è mai allontanato dalla terra di oltre 683 km, la massima distanza raggiunta dall’uomo grazie allo Shuttle. Anche se ancora oggi per molti è molto difficile da accettare, questo significa che nessun uomo è mai sceso sulla Luna.


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venerdì 22 luglio 2016

IMPERDONABILI ERRORI





Questa immagine si riferisce alla missione Apollo 17 ed è classificata negli archivi della NASA con il numero AS17-140-21370. Se poi qualcuno ha dei dubbi sul fatto che non sia "l'originale" e che possa essere stata manipolata dai soliti complottisti invito a verificarlo sul sito ufficiale a questo indirizzo http://www.apolloarchive.com/apollo_gallery.html
Una  volta verificato che stiamo parlando di  un fotogramma originale sarà il caso di concentrare l'interesse su un dettaglio macroscopico piuttosto evidente. Sulla sabbia lunare infatti si notano molto bene le tracce lasciate dal rover lunare anche se ...il rover è ancora imballato e coperto da un telo sotto la bandiera americana. Si tenga presente che al termine della missione il rover veniva abbandonato sulla Luna e che comunque l'immagine è sequenziale e rispetta i tempi riferiti al momento dello sbarco.
Qualcuno ha una spiegazione credibile?



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martedì 19 luglio 2016

LA MAGICA REGOLITE



Le particelle di polvere accelerate dai razzi di atterraggio potrebbero teoricamente fare il giro della Luna! Questa evidenza preoccupa Metzger perché nei futuri avamposti lunari la regolite ad alta velocità potrebbe rovinare la copertura riflettente del rivestimento di controllo termico, irruvidire la superficie delle finestre e altri strumenti ottici, compromettere la superficie dei pannelli solari e penetrare in connettori e altri meccanismi presenti nelle macchine per gli scavi e nelle tute spaziali, causando frizione o addirittura rottura dei meccanismi. Il team di Metzger ha analizzato i mini-crateri da impatto sul Surveyor 3, scoprendo che le particelle viaggiavano tra 400 e 1000 metri al secondo, veloci come i gas di scarico del modulo lunare, ossia a 1.7 km al secondo. Se non ci sono montagne ad ostacolare il percorso, la sabbiolina sollevata dagli scarichi potrebbe sfrecciare attorno alla Luna e atterrare di nuovo ai piedi del razzo, afferma Metzger. Attualmente, Metzger sta aiutando altri gruppi di ingegneri della NASA a capire come mitigare gli effetti degli atterraggi e delle partenze lunari. Una strategia potrebbe essere quella di costruire porti spaziali in luoghi dove montagne e colline fungono da dighe naturali per la polvere. Anche argini artificiali o altre strutture ingegnose potrebbero offrire una valida soluzione al problema.



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lunedì 18 luglio 2016

I MISTERI DELLA REGOLITE


Ricerche condotte dagli scienziati della NASA dimostrano che la regolite sollevata dagli scarichi dei moduli lunari può fare il giro del satellite prima di posarsi nuovamente al suolo. Questo interessante fenomeno può influire però sugli attuali progetti per il ritorno sulla Luna. Nel 2007 la NASA ha annunciato di avere in programma il ritorno sul nostro satellite entro il prossimo decennio (entro il 2017) e con progetti per stabilire una permanenza duratura. Ci saranno avamposti, rover, depositi per lo stoccaggio ed equipaggiamento minerario. I veicoli spaziali atterreranno e ripartiranno ad oltranza sollevando detriti che potrebbero volare molto lontano e Metzger è già al lavoro per analizzare a fondo la problematica nei laboratori del Granular Mechanics and Surface Systems del KSC. “Le rocce non sono un problema. Le navi spaziali lunari saranno ben più piccole dello Shuttle e non avranno bisogno di così tanta energia per sfuggire alla gravità lunare. I filmati eseguiti dall’Apollo circa gli atterraggi e le partenze non hanno mostrato nulla di più grande di granelli di ghiaia  spinti via dai gas di scarico del razzo. Ma è proprio sulla polvere lunare (la regolite) che Metzger sta focalizzando l’attenzione. Qui sulla Terra infatti, nessuno presta molta attenzione alla sabbia sollevata dai propulsori di lancio perché “l’atmosfera rallenta rapidamente le particelle leggere, che poi ricadono docilmente al suolo dopo pochi metri, ” ci spiega. “Ma sulla Luna non c’è nessuna atmosfera che rallenti le piccole particelle e la sabbia fine può percorrere enormi distanze ad alta velocità, investendo tutto ciò che incontra lungo la sua traiettoria.”



venerdì 15 luglio 2016

SE QUESTO E' UN SOLE...





In tutte le missioni Apollo l’immagine del sole visto dal suolo lunare appare del tutto inverosimile. Quelle immagini hanno sollevato una serie di dubbi e perplessità e molti sono arrivati alla conclusione che la luce che illuminava l’ambiente fosse solo il frutto di una gigantesca messinscena. Per le riprese hanno utilizzato un enorme proiettore e le fotocamere erano dotate di  pellicole ad alta sensibilità  in grado di illuminare gli oggetti anche all’ombra e in forte controluce. La Nasa invece afferma che la validità delle missioni è confermata proprio dalla impossibilità di illuminare una così grande porzione di finto suolo lunare e quindi anche per semplice deduzione  quelle immagini dovevano “per forza” essere state scattate sulla Luna. C’è però da ricordare come il più grande regista cinematografico dell’epoca, cioè Stanley Kubrick, per le riprese del film “2001 odissea nello spazio” utilizzò lo  Zeiss Planar, un obiettivo molto particolare che era stato prodotto proprio per la NASA. In questo modo il famoso regista aveva saputo ricreare perfettamente quella particolare atmosfera che si può ammirare in  tutti i suoi film ambientati nello spazio. Molti ritengono che  Stanley Kubrick sia stato l’artefice o perlomeno il consulente  occulto per la falsificazione di tutte le missioni Apollo ma comunque sia  rimane il fatto che ancora oggi, quelle immagini del sole risultino false all’analisi  dettagliata  e computerizzata  eseguita da  qualsiasi esperto di fotografia.  





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mercoledì 13 luglio 2016

TRAIETTORIE E INCONGRUENZE MAI RISOLTE

La posizione della Terra e della Luna vista dallo spazio, non appare congruente con i dati forniti dalla NASA per le missioni Apollo poiché l’iperbole di quelle missioni dipendeva dal tipo di spinta sprigionata dai motori per uscire fuori dall’orbita terrestre ed entrare in quella lunare. Se la spinta era unica, allora l’iperbole, secondo Keplero, doveva essere molto ampia, più o meno circa cinque volte la distanza Terra-Luna (vedi grafico n.1). Se invece la spinta fosse stata data in due o più fasi, allora la distanza percorsa sarebbe diminuita (vedi graficon.2), e quindi necessariamente anche il tempo occorrente non avrebbe dovuto essere quello dichiarato ma di sole 30 ore. Sebbene la spinta del terzo stadio potesse essere utilizzata per più accensioni, dopo la piccola spinta per realizzare il completo assetto nell’orbita terrestre a 28.000 km/h, per uscire da questa ed entrare nell'orbita lunare fu utilizzata per imprimere un'unica spinta e portare il complesso alla velocità di 39.000 km/h. Dopo, la manovra di aggancio della navetta per agganciare il LEM. È evidente che la soluzione utilizzata (cioè seguendo il diagramma della grande ellisse) comportava un allungamento dell’orbita tale da allungare la distanza per la traiettoria di andata e questo  avrebbe comportato un tempo tra la partenza dalla Terra e l’allunaggio (indicato in tabella di circa 70÷100 ore). Tale tempo, quindi, era circa lo stesso comunicato ufficialmente dalla Nasa per l’invio di una navicella verso la Luna con un vettore che utilizzava un'unica spinta. Ma con degli uomini a bordo, la necessità di perdere tempo sarebbe stata proprio l’ultima cosa da fare e quindi non si comprende perché mai non adottarono più spinte con il terzo stadio al fine di diminuire il tempo del viaggio? La cosa inspiegabile è che nelle rarissime immagini della Terra mentre si allontana o della Luna che si avvicina, non c’è alcuna variazione della vista dei due astri nonostante gli astri dovessero apparire molto diversi a seconda della posizione della navicella durante tale viaggio in un vero percorso ellittico. Invece in tali immagini sia la Terra che la Luna appaiono come se la navicella seguisse una traiettoria retta anziché quella ellittica prevista dalla Nasa. Se utilizziamo il percorso dichiarato dalla Nasa e rappresentato nelle traiettorie della missione, a forma di esse schiacciata, si può riprodurre con esattezza anche il calcolo del tempo del viaggio. Quindi, se in base al tragitto dichiarato dalla Nasa la distanza totale doveva risultare di 600.000 km e se questa distanza doveva essere percorsa ad una velocità media di 16.500 Km/h (cioè 39.000-6.000 = 33.000:2) risulta che per completare il viaggio secondo lo schema fornito dalla Nasa, sarebbero bastate solo 36 ore e 30 minuti (cioè 600.000:16.500). Questo tempo è circa la metà di quello dichiarato (70 ore)! La Nasa non spiegò mai perché avesse scelto di utilizzare una traiettoria che comportasse un viaggio di oltre un giorno più lungo per il ritorno ma il motivo appare semplice: avrebbero dovuto far vedere altre immagini sia della Terra in allontanamento curvo che della Luna in avvicinamento curvo, ma non le avevano.




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