venerdì 27 aprile 2018

UN ALLUNAGGIO ALLA CAZZO





Il coraggioso allunaggio di Neil Armstrong raccontato da Alberto Angela.

Il LEM ha un nome scelto dagli astronauti: Eagle, cioè aquila, che per un breve tratto vola assieme al modulo di comando quasi fosse un’addio, poi accende i razzi e se ne va. Alla fine non è altro che un piccolo, piccolissimo diamante sospeso tra il nero dello spazio e la Luna.
Collins, l’astronauta rimasto a bordo del modulo di comando lo osserva dall’oblò. Tra se e se si  da solo il 50% di probabilità che tutto vada bene e non sa che Armstrong, che sta sul Lem, la pensa esattamente come lui.
(insomma lui pensa che la missione sia fatta un po’ alla cazzo)
Ma si tratta di stime ottimistiche, perché per altri colleghi rimasti sulla Terra le possibilità sono ancora inferiori.
(incoraggiante vero? Però niente paura perché comunque è risaputo che Dio sta sempre dalla parte degli americani e al momento del bisogno  mette tutto a posto...)

Cominciano i primi problemi. Le comunicazioni radio di colpo diventano pessime, ci sono dei brusii, le voci non si sentono, sono confuse, sono momenti di tensione…pensate che già questo potrebbe provocare l’annullamento di tutta la discesa sulla Luna. Ma poi all’improvviso tutto torna normale e si può continuare.
(probabilmente alla Nasa si erano dimenticati di pagare la bolletta telefonica ma una volta fatto il bonifico è ritornata la linea)
Mancano ora solo 100 km al punto di atterraggio, sono gli ultimi km di anni e anni di lavoro. Armstrong e Aldrin sono in piedi, fianco a fianco, nelle loro tute. Aldrin a questo punto preme un pulsante e accende un motore per cominciare la discesa sulla Luna. I due astronauti avvertono, lo dicono poi dopo, lo hanno raccontato ai giornalisti, una leggera pressione ai piedi, prima galleggiavano. Significa che tutto è cominciato davvero. (gli crediamo sulla parola no?)
Ma all’improvviso Armstrong si accorge che qualcosa non va. (accidenti, ma allora il sesto senso esiste!)
Dall’oblò tiene d’occhio dei punti sulla superficie lunare, dei crateri, dei rilievi montuosi che sono i suoi riferimenti durante la discesa e si accorge che gli passano davanti con due secondi di anticipo rispetto al programma previsto.
(ed ecco la fiaba che entra nel vivo! Neil Armstrong si mette a guardare fuori  dal minuscolo oblò di 20 cm di diametro, poi osserva per pochi istanti un paesaggio che non ha mai osservato prima e anche se non ci sono punti di riferimento si mette a calcolare le distanze a vista stabilendo con assoluta certezza che stanno scendendo con due secondi di anticipo! Se qualcuno comincia ad avere dei dubbi alzi pure la mano...)
Due secondi a quella quota significa chilometri e chilometri al suolo. Se continuano così andranno, come si dice, lunghi, cioè supereranno il punto di atterraggio. Ma quello che è grave è che il computer di bordo non se ne accorge.(un computer di bordo che aveva una velocità ed una potenza di calcolo 2000 volte inferiore a quella presente anche sul  più modesto dei cellulari odierni, praticamente Armstrong poteva contare solo su una specie di calcolatrice tascabile)
Ricorda Buzz Aldrin (quello che si è sempre rifiutato di giurare sulla Bibbia di essere andato sulla Luna).
“Tre o quattro minuti dopo l’inizio della discesa Neil fece un’osservazione: sembra che stiamo andando un po’ troppo lunghi… “
“Io pensai : Figurati! Come fa a venirgli in mente un sospetto del genere! “
Ma poi risultò che eravamo effettivamente un po’ lunghi.
(quando si dice la coincidenza! Ma allora era vero che la Nasa li mandava nello spazio proprio alla cazzo)
A Houston un tecnico si rende conto invece del problema.
E’ Stephen Bales ed ha appena 26 anni ma è già responsabile del controllo delle manovre di volo.
(Qui ha inizio la fiaba dentro la fiaba. Un ragazzo di 26 anni che prende decisioni di vita o di morte in meno di un minuto)
“Mi resi conto che stavamo arrivando sulla Luna 20 km più velocemente del dovuto e il computer non lo indicava, lo dicevano i radar di terra.
(lo dicevano i radar di terra…quali radar? Con quale tecnologia? Analizzando quale segnale?)
Forse non sembra molto ma invece era quasi sufficiente per annullare la missione.
Arriva lì e mi dice: “Guarda che non siamo nella posizione in cui ci aspettavamo di essere, la velocità non è quella stabilita e la cosa ancora più inquietante manca poco all’annullamento della missione.”
Dico. Accidenti la situazione si fa pesante.
(eh già, con un Lem fatto con dei manici di scopa e carta domopack che non ha mai provato un allunaggio in vita sua, che nelle prove simulate sulla Terra si è schiantato 3 volte su cinque, anch’io mi sarei preoccupato un po’)
Se si supera di 30 km la velocità stabilita bisogna fermare la missione perché ci si può letteralmente schiantare sulla Luna senza accorgersene, con il pilota automatico inserito.
(già…e se poi si  superano anche i 50 km c’è pure l’autovelox, pensa che rischio!)
Alberto Angela : (per gli amici "il tonto")
La velocità di discesa fortunatamente non aumenta e resta comunque sotto i livelli massimi…si può continuare.
(Se il computer di bordo non funzionava come hanno fatto a rallentare? Hanno tirato il freno a mano o è stata una provvidenziale botta di culo?)
Il Lem scende ancora. Ormai siamo a soli 14 km dalla superficie, dal traguardo, e cambia posizione, è previsto, in questo modo potrà orientare il radar verso il suolo così da capire la distanza che manca.
(invece fino a pochi istanti prima per calcolare esattamente la distanza bastava il mitico comandante Armstrong che con una semplice occhiata dall’oblò otteneva istantaneamente  il risultato esatto grazie ad un regolo calcolatore e al manuale delle giovani marmotte)
I due astronauti, in questo movimento del Lem vedono passare la Terra, lontanissima, attraverso gli oblò, sembra un miraggio, un miraggio lontanissimo. In effetti a pensarci bene sono soli…se qualcosa andrà male nessuno potrà venirli a prendere o anche a salvarli…
(infatti sia Armstrong che Aldrin più tardi confesseranno di essersela fatta letteralmente addosso ed è solo questo il motivo per cui  una volta allunati chiesero a Houston  di aver  bisogno di un po’ di tempo… insomma dovevano svuotare la tuta.)
Il radar comincia a fornire i dati, ma c’è un nuovo problema…
(ma porca puttana, cosa c'è adesso? ma non bastava il problema della cacca nella tuta?)
E’ Aldrin ad accorgersene, paragonando sugli schermi i dati del computer con quelli del radar e si accorge che c’è una differenza di un centinaio di metri.
(eh già, avevano una mappa della Luna ottenuta da fotografie scattate da decine di chilometri di altezza ed erano in grado di capire ad occhio nudo un errore di un centinaio di metri…)
Questo significa che si schianteranno al suolo quando invece il computer riterrà che manca invece ancora parecchio.
(lo avevamo pur detto che la Nasa fa le cose alla cazzo no?)
Così Aldrin decide di ordinare al computer di dare la precedenza ai dati del radar.
(ah sì? Allora esisteva già il comando vocale tipo Siri o cortana? Che figata…)
Ma non appena Aldrin preme dei pulsanti scatta una sirena acuta e sugli schermi del computer lampeggia una scritta, una scritta gialla con una sigla: ROG. Allarme di programma, il computer è in tilt.
(o cazzo, ancora! Vuoi vedere che adesso faranno la fine dell’Apollo 1?)
E viene fuori anche una scritta, 12.02. (oh mio Dio!, il 12.02 no!) E’ un codice ma nessuno sa cosa significhi, non era mai accaduto, non era mai apparso nelle simulazioni a terra, così i due astronauti chiedono a Houston delle spiegazioni e cosa fare. (Alcuni sostengono di aver sentito Armstrong offendere pesantemente la mamma, il papà e perfino la sorella di Wernher von Braun minacciandolo pure di farlo internare in un campo di concentramento nazista)
James Grant capisce al volo che è qualcosa di anomalo e si rivolge a degli esperti informatici.
(da notare che il tutto avviene nell’arco di due minuti, quando si dice un pronto intervento…)
La loro ipotesi è che il computer per qualche motivo sconosciuto stia automaticamente ritornando all’inizio del suo ciclo, forse per le troppe operazioni che deve fare. Armstrong comincia a spazientirsi, (diciamo che è un eufemismo, però anch’io mi incazzerei) e chiede a Houston una spiegazione.
A questo punto si poteva davvero sospendere la missione, ma questo avrebbe mandato a monte anni e anni di lavoro. In fondo il computer funzionava ancora, certo faceva delle bizze ma funzionava.
(insomma deve essere fantastico trovarsi nello spazio infinito e dover dipendere da un computer che fa le bizze! Va beh,  pazienza se da i numeri alla cazzo e non ci si può assolutamente fidare, l’importante è che non si spenga no?)
Così Stephen Bales, il ventiseienne, (secondo me a questo qui dovrebbero dargli una medaglia al valore) intuisce che forse si può ignorare questo problema e andare avanti, da l’OK  ed ha ragione. Per questo riceverà poi una medaglia dal presidente degli Stati Uniti, la stessa che riceveranno i tre astronauti. (cosa vi avevo detto? Sono un veggente!)
James Grant comunica al Lem: “via libera all’allunaggio”. (oh che bellezza, non mi sembra vero!)
Il computer funziona ora di nuovo regolarmente ma in questi momenti spasmodici per risolvere i suoi problemi si è perso molto tempo prezioso ed il punto di atterraggio, quello previsto, è sfilato via. (accidentaccio, che sfortuna nera!)
Il Lem ora si trova, pensate, a soli 300 metri dal suolo lunare (ma va?) e vola velocissimo senza una meta precisa. (insomma direi che va letteralmente secondo i piani della Nasa e cioè alla cazzo)
Nella sala di controllo a Houston, scende un silenzio irreale, e poi un nuovo colpo di scena. (ancora? Ma in questo posto non c’è mai nulla che vada come deve andare?)
Sullo schermo della sala tutti vedono la sagoma virtuale del Lem schizzare via a 6 km fuori bersaglio. Pensate che a 10 km la missione deve essere automaticamente annullata. (Urca che paura! mi si sta accapponando la pelle!)
Stephen Bales:
“Ho visto il veicolo andare in traiettoria orizzontale come non l’avevo mai visto fare nelle simulazioni e dissi: cosa sta andando storto? Cosa sta succedendo? Andava 5 volte più veloce in orizzontale e non doveva fare così ma appoggiarsi delicatamente…”
(eh si va beh, mica tutte le ciambelle riescono con il buco no?)
30 METRI…
1 METRO IN BASSO
3 IN AVANTI
Cosa sta accadendo a bordo del Lem?
(già, e chi lo sa?)
Armstrong ha capito che sono fuori bersaglio e che il computer li sta dirigendo alla cieca verso una distesa di enormi macigni, grandi quanto una casa.
(Lui era il campione mondiale in carica nella specialità del cuccare fuori dal finestrino, e chi lo batte?)
Così prende una decisione, se proseguono sa che sono morti, sono spacciati, e quindi disinserisce il pilota automatico, il computer, e comincia a pilotare lui stesso il Lem, cerca disperatamente un luogo dove atterrare.
(Qui entra in gioco la sua leggendaria bravure sviluppata fin da ragazzino nella guida dei Go kart ma soprattutto negli autoscontro al luna park)
Jane Kranz:
“Sapevamo che non sarebbero scesi nel luogo previsto, avevamo lavorato tanto sull’esatto punto dell’atterraggio e volevamo che quell’atterraggio fosse un vero successo, e sicuro, (strano, pensavo che avessero programmato di farli sfracellare miseramente al suolo) e invece non scendono dove devono e non sappiamo dove alla fine scenderanno (sempre la solita traiettoria alla cazzo insomma), ed è spaventosa la scoperta che forse stiamo per assistere a qualcosa che potrebbe mettere fine al programma.” (che poi non sarebbe stata nemmeno una brutta idea)
Alberto Angela: 
(conosciuto a Napoli con il nome di 'o scatuorzo cioè babbeo)
Il suolo lunare è maledettamente vicino…il cuore di Armstrong comincia a battere sempre più forte e per lui, noto per essere un uomo di ghiaccio, ora ha le pulsazioni oltre, dico oltre, i 150 battiti al minuto. Eppure, con una calma sovrumana, chiede all’altro astronauta, Aldrin: come siamo a carburante? (e soprattutto sembra che abbia chiesto ad Aldrin la tessera carburante per la raccolta dei bollini premio)
La risposta è: 8%
(ma porca di una puttana, quei pidocchiosi della Nasa hanno risparmiato perfino sul pieno di carburante!)
Armstrong vede un’area che può andare bene per atterrare (sempre cuccando dal piccolissimo oblò naturalmente) ma poi scopre che è troppo vicina ad un cratere ed è troppo pericoloso, il Lem potrebbe ribaltarsi e  continua. (direi che stanno andando proprio alla cazzo non vi pare?) Mancano 90 secondi alla fine del carburante, anzi meno perché a 20 secondi il computer rilancerà automaticamente in alto il Lem. A Houston infatti è già cominciato il conto alla rovescia. A quel punto Armstrong nota una piccola area grande quanto una stanza, 20 mq. Attorno certo ha dei massi, dei crateri, ma non c’è scelta. Siamo ad appena 30 metri dal suolo.
(praticamente Armstrong ha adocchiato una piazzola di sosta tipo quella che si trova in autostrada, peccato solo che non c’era l’autogrill)
30 METRI…
1 METRO IN BASSO
3 IN AVANTI
80 SECONDI.
LUCI IN FUNZIONE, AVANTI
Buzz Aldrin:
A 60 secondi dall’atterraggio , con le luci accese e ancora abbastanza lontani dal suolo, diciamo a 30-35 metri, ero un po’ preoccupato …ma che potevo fare? Potevo dire:
Neil sbrigati ad atterrare!...non potevo dirglielo.(infatti dentro l'astronave c'era un cartello posizionato proprio vicino al posto del comandante con una scritta categorica: NON PARLARE AL CONDUCENTE)
Stephen Bales:
Senti 60 secondi, senti 30 secondi…una volta arrivati a zero non ci sarebbe stato più carburante. Lo sapevamo noi e loro.
Subito dopo l’annuncio dei 30 secondi l’equipaggio disse: Ehi, solleviamo polvere…23 metri
(che culo però, mancavano solo 10 secondi e poi la missione sarebbe miseramente fallita)
Sapevamo di esserci quasi, e che qualsiasi cosa avessi detto o fatto da quel momento in poi l’equipaggio avrebbe provveduto all’atterraggio.
Stavamo tutti in silenzio giù alla base e parlavamo solo per aggiornarli sul qual’era il livello del carburante.
E il carburante diminuiva sempre di più. Poi finalmente sentii dire : Luce di contatto… ok motori fermi!
Alberto Angela:
"Il Lem è atterrato… pensate sono rimasti solo 10 secondi di carburante”
(ma a voi non è che per caso sembri un bel film? gli imprevisti e le difficoltà, il cuore gettato oltre l’ostacolo, il coraggio e l'eroica  determinazione, una bella bandiera a stelle e strisce… se poi ci mettiamo  una colonna sonora strappalacrime in sottofondo mentre il presidente americano telefona per congratularsi...ok si può fare...oppure aspettiamo l'Apollo 13 così ci mettiamo ancora più suspance per il lieto fine?)
I due astronauti si guardano, sono immagini che nessuna telecamera ha potuto registrare ma che loro stessi hanno poi potuto raccontare. Sorridono attraverso i caschi e Aldrin da una pacca sulla spalla ad Armstrong. (ehi vecchio mio ci siamo cagati addosso eh?)
Buzz Aldrin: 
(sì proprio lui, quello che non ha mai voluto giurare sulla Bibbia di essere sceso sulla Luna proprio come Neil Armstrong e Michael Collins)
Sapevo che non c’erano telecamere a riprendere quel momento così ho dovuto fissarlo nella mia mente, guardando Neil e dandogli una piccola pacca sulla spalla. Poi entrambi abbiamo sorriso per la gioia del successo. (alcune fonti autorevoli hanno riferito che  i due astronauti si sono accesi una sigaretta e poi si sono scolati due birre a testa anche se questa indiscrezione non è mai stata ufficialmente confermata dalla Nasa.)
Alberto Angela:
(il credulone di turno)
Sulla terra però ancora nessuno sa se ce l’hanno fatta oppure no…
Stephen Bales:
Non capivo cosa fosse quella base della tranquillità, non avevano mai usato quel termine nelle simulazioni si erano sempre chiamati aquila. Ho detto: base della tranquillità? Che significa? E subito dopo. che nome magnifico! E tutto questo nel giro di due secondi! (ma che bel copione, no? complimenti a Hollywood)
Ricevuto tranquillità, vi sentiamo forte e chiaro. qui abbiamo rischiato l’asfissia (è stato Jack, quel maledetto scoreggione!), ma respiriamo di nuovo. Grazie mille
(oh, cielo ce l’hanno fatta, questo film era proprio emozionante!)
John Houbolt:
E all’improvviso venne fuori l’emozione di tutti, saltammo in piedi ad applaudire…Von Braun era seduto davanti a me, si voltò mi fece segno di ok e mi disse: Grazie John
E’ il più grande complimento che io abbia mai ricevuto.
(mi sono commosso cazzo, però come si fa a non piangere! E’ meraviglioso, siamo andati sulla Luna, e chi l'avrebbe mai detto con quell'allunaggio alla cazzo?)



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mercoledì 18 aprile 2018

COME HANNO FATTO?


Tratto dal romanzo
Il giorno della verità
Youcanprint 2017

«Tutto quello che mi hai raccontato oggi è sicuramente molto interessante ma...»
«Ma non ci sono prove, giusto?»
«Già, mi piacerebbe molto poter fare un reportage così straordinario ma non posso espormi con ipotesi e supposizioni basate solo sui tuoi sospetti. Avrei bisogno di molto altro.»
«Lo immaginavo, però dimmi... la NASA invece che prove può vantare? Non ha in mano assolutamente nulla!»
«Questo non è del tutto vero. Sulla Luna sono stati installati alcuni strumenti per raccogliere informazioni scientifiche ed eseguire alcune misurazioni riguardanti il vento solare e le oscillazioni sismiche. Inoltre sulla superficie lunare sono stati posizionati anche alcuni specchi che se non ricordo male hanno consentito di rilevare il riflesso dei segnali luminosi inviati da appositi apparecchi laser dalla Terra verso i luoghi di atterraggio. Come lo spieghi tutto questo?»
«Conosco bene il metodo di misurazione di cui parli. Da circa 400.000 chilometri di distanza il segnale arriva con 2,6 secondi di differimento temporale e pochi mesi fa l’astronauta tedesco Ulf Merbold ha confermato che tale procedimento viene tutt’ora utilizzato per misurare la distanza tra la Terra e la Luna.»
«E allora?»
«Allora nessuno può escludere il fatto che tali specchi siano stati lasciati sulla Luna da precedenti missioni spaziali senza equipaggi, come ad esempio sono riusciti a fare anche i sovietici con le missioni del programma Luna. Oltre ad aver posizionato alcuni specchi solari i russi sono riusciti anche a recuperare piccole quantità di reperti lunari. Come vedi questa non può essere considerata una prova schiacciante. In realtà nessuno le possiede e nessuno è in grado di dimostrare con assoluta certezza che l’uomo sia sceso sulla Luna. Però stranamente sembra che l’onere della prova spetti a chi contesta la versione ufficiale e non viceversa. Pochi ne parlano eppure la maggior parte del mondo scientifico e accademico internazionale è pressoché convinta che tutte le missioni Apollo siano servite solo a girare attorno alla Luna. Cos’ha in mano la NASA per dimostrare gli sbarchi? Prova a riflettere attentamente...»
Lei sapeva che anche quella non era una vera domanda ma solo una pausa del suo ragionamento.
«Tutti i LEM non hanno mai fatto ritorno sulla Terra perché il programma delle missioni prevedeva che fossero abbandonati nello spazio. Allo stesso modo sulla superficie lunare sono state abbandonate anche tutte le cineprese utilizzate per le riprese e tutte le macchine fotografiche per il timore di non appesantire la navicella spaziale e ostacolare la fase di decollo! Eppure devi sapere che le due macchine fotografiche e le cineprese pesavano poco più di un chilogrammo mentre i reperti trasportati a bordo ne pesavano oltre ventidue. Ma la cosa più ridicola è che il modulo lunare, cioè il LEM, pesava qualcosa come 16.448 chilogrammi ed il modulo di comando quasi il doppio, esattamente 30.320 chilogrammi. Come puoi immaginare non sarebbe stato certo quel chilo in più o in meno a determinare le sorti del decollo o l’esito della sua traiettoria di rientro verso l’orbita terrestre. A Cape Canaveral ed in alcuni musei hanno esposto al pubblico alcune copie del modulo lunare ma devi sapere che queste sono solo dei modelli utilizzati per le prove di resistenza o per gli addestramenti. Terminati i programmi di volo sulla Luna, tutti i piani di costruzione e tutti i microfilm relativi ai razzi Saturn V, al modulo lunare e al rover, sono stati volutamente distrutti...»
«Distrutti?»
«Sì, e sai per quale motivo? Per la mancanza di un apposito archivio! Assurdo vero?»
«Davvero hanno fatto questo?»
«Certo, hanno detto che comunque rimanevano i microfilm conservati nei locali provvisti di apposita climatizzazione del National Space Science Data Center ma in verità nessuno li ha mai potuto vedere per non rischiare di poterli danneggiare e di fatto questi progetti non sono mai stati esaminati da nessuno.»
Harrison fece un respiro profondo prima di continuare.
«Ormai sono emerse così tante incongruenze che la NASA, piuttosto di cercare altri elementi a supporto della versione ufficiale, si preoccupa solo di eliminare tutte le potenziali prove che potrebbero essere utilizzate contro.»
«È un’accusa piuttosto pesante...»
«Tu dici? Sai chi è James Edward Oberg?»
«Non credo di averlo mai sentito nominare...»
«James Oberg è un ottimo ingegnere nonché un famoso giornalista e scrittore statunitense. È considerato dalla comunità scientifica uno dei maggiori esperti del programma spaziale sovietico e americano e proprio per la sua competenza ed esperienza nel 2002 è stato interpellato dalla NASA affinché potesse fare una pubblicazione scientificamente autorevole che fosse in grado di smantellare definitivamente tutti i dubbi ed i sospetti che cominciavano a diffondersi soprattutto sul web. Per quella pubblicazione erano stati stanziati quindicimila dollari e James Oberg aveva dato la sua disponibilità ad accettare l’incarico.»
«E poi che cosa è successo?»
«Ufficialmente sembra che l’opinione pubblica abbia protestato ritenendo questa pubblicazione un inutile spreco di denaro pubblico e così la NASA decise di cancellare il finanziamento. Incredibile vero? Hanno speso oltre trenta miliardi di dollari per realizzare le missioni lunari e non potevano permettersi il lusso di spendere la miseria di quindicimila dollari per una pubblicazione scientifica. Dimmi se tutto questo ti sembra logico!»
«Su questo penso che tu abbia ragione...»
«Eppoi non ti ho ancora raccontato la notizia più incredibile di tutte, la classica ciliegina sulla torta...»
«Oddio, che altro ci può essere?»


«Hai presente il filmato dello storico ed emozionante primo sbarco sulla Luna, quello in cui si vede Neil Armstrong che scende dalla scaletta e mette il piede sul suolo lunare pronunciando le famose parole?»
«Certo, chi non lo ha visto?»
«Bene, allora devi sapere che quel filmato originale non c’è più!»
«Cosa? Stai scherzando vero?»
«No, non sono mai stato così serio. Sembra che le bobine dov’erano incise quelle straordinarie immagini siano misteriosamente scomparse. Pare che su quei preziosi nastri siano stati accidentalmente sovrascritti altri dati con la conseguenza che adesso sarebbero illeggibili.»
«Non ci posso credere.»
«Invece è tutto vero e la notizia verrà riportata dai media non appena la NASA si degnerà di diffondere un comunicato ufficiale.»
«Mio Dio! Se quello che dici è vero è una cosa pazzesca!»
«Già, in sostanza è scomparsa per sempre la prova più importante di tutte... anzi l’unica.»
«Comunque esisteranno delle copie, giusto?»
«Certo, questo sicuramente. Però voglio che adesso rispondi ad una domanda...»
«Ti ascolto…»
«Ieri mi hai detto che sei arrivata a Miami partendo dall’aeroporto di Roma...»
«Sì.»
«Bene, immagino che ai controlli ti abbiano chiesto di mostrare il passaporto, giusto?»
«Sì, ma questo che cosa c’entra?»
«Se invece del passaporto originale tu avessi mostrato una fotocopia a colori del tuo documento di identità pensi che ti avrebbero fatto passare?»
Sara lo fissò un po’ sbalordita e ancora una volta si sorprese a dovergli dare ragione.
«Ho la testa che mi scoppia... prima di partire sapevo ben poco sulla teoria del complotto lunare e comunque non avrei mai immaginato che esistessero così tanti argomenti a sostegno.»
«In realtà finora ti ho raccontato solo una minima parte di quello che dovresti sapere. Domani mattina ho intenzione di farti vedere alcune fotografie che ti toglieranno molti dubbi, se ancora ne hai.»
«D’accordo, però adesso dimenticati delle prove. In base a tutte le informazioni che hai raccolto nel corso degli anni ti sarai fatto sicuramente un’idea precisa di come potrebbero essere andate realmente le cose. La mia perplessità maggiore deriva dalla considerazione che non deve essere così facile riuscire ad ingannare milioni di spettatori. Per farlo sarebbe stata necessario predisporre un’organizzazione meticolosa che fosse in grado di pianificare scrupolosamente ogni dettaglio e queste sono cose che non si possono improvvisare da un giorno all’altro…»
    «Su questo hai perfettamente ragione. Credo che inizialmente la NASA abbia avuto davvero le migliori intenzioni di far arrivare il primo uomo sulla Luna e per farlo aveva dato il via ad una gigantesca macchina organizzativa. Questa macchina ha iniziato a sviluppare progetti e schemi tecnici, software per la verifica e lo studio delle orbite nonché a selezionare e collaudare tutte le singole componenti elettroniche ed i materiali da utilizzare. Per gli appalti era stato necessario ricorrere a centinaia di gare ufficiali e di tutto questo mare di scartoffie ovviamente è rimasto un riscontro oggettivo. Però subito dopo l’incidente dell’Apollo 1 e la morte dei tre astronauti devono aver compreso di avere ancora troppe lacune tecniche per sperare di poter raggiungere l’obiettivo. Sulla tragedia dell’Apollo 1 era stata aperta una commissione d’inchiesta e la relazione preliminare di Thomas Baron era stata così impietosa che aveva addirittura escluso la possibilità di sbarcare sulla Luna con le conoscenze di allora. Thomas Baron però rimase vittima di uno strano incidente stradale e dopo che la sua relazione ufficiale scomparve misteriosamente l’inchiesta si concluse in maniera indolore, cioè minimizzando tutte le gravi lacune evidenziate a carico della NASA. Nei primi mesi successivi all’incidente tutti i programmi spaziali furono comunque sospesi ed è stato allora che a qualcuno è venuta in mente l’idea di poter simulare i viaggi sulla Luna. I motivi non mancavano di certo e primo fra tutti c’era sicuramente l’avidità di denaro e di potere. Nessuno infatti voleva rinunciare a quella montagna di dollari già stanziati e le potenti lobby militari collegate con i centri di ricerca della NASA devono aver cominciato ad elaborare una specie di “piano B”, da utilizzare solo nel caso in cui non fossero stati in grado di mandare realmente un uomo sulla Luna. Quando fu evidente che la missione lunare era impossibile la NASA diede il via al programma operativo conosciuto con la sigla ASP, cioè Apollo Simulation Project, ideato per garantire i miliardi di dollari di finanziamenti e allo stesso tempo necessario per far rinascere l’orgoglio nazionale messo a dura prova dalla guerra nel Vietnam. Comunque fossero andate le cose di fronte al mondo intero l’America sarebbe risultata vincente e questo avrebbe rafforzato il prestigio e l’immagine politica e militare della nazione, soprattutto nei confronti dell’URSS, l’unico avversario che potesse contrastare il dominio americano nel mondo. Da questo punto di vista è stata una mossa un po’ azzardata ma geniale. A quell’epoca dovevano essere convinti che nel giro di pochi anni sarebbero stati in grado di realizzare davvero gli sbarchi lunari e quindi tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi perché così avrebbero eliminato ogni possibile dubbio sull’esito delle missioni precedenti. Tieni inoltre presente che durante quel periodo i vertici della NASA avevano il controllo totale su tutte le notizie che venivano divulgate dalle televisioni e dai giornali e che non c’era quindi nessuno che potesse mettere in dubbio la versione ufficiale. In realtà la corsa verso la Luna serviva a coprire i massicci finanziamenti per la sperimentazione dei nuovi armamenti e realizzare i costosissimi test dei sistemi missilistici. Purtroppo per loro non avevano previsto che a distanza di quarant’anni non avrebbero ancora acquisito le conoscenze necessarie per mandare davvero l’uomo sulla Luna. Il resto è storia recente. Con il progredire incessante delle conoscenze scientifiche e l’immediatezza della divulgazione su internet devono aver temuto che qualcuno potesse trovare le prove del gigantesco imbroglio e così non hanno esitato a far scomparire foto e filmati originali. Dal loro punto di vista questa è stata una mossa disperata ma comprensibile.»
«Ok, però torniamo alle missioni...»
«Vuoi davvero sapere come la penso?»
«Sì, mi interessa molto.»
«Bene, allora io credo che abbiano fatto partire l’Apollo 11 con i tre astronauti a bordo e poi abbiano deviato la rotta della navicella verso il Polo Sud per farla finire in mare e poter recuperare l’equipaggio lontano da occhi indiscreti. Devi sapere che, a differenza di quello che comunemente si crede, le comunicazioni in diretta fra l’Apollo 11 e Houston avvenivano soltanto per i primi quindici minuti subito dopo il lancio del razzo. Dopodiché il ponte radio veniva rilevato da una misteriosa stazione secondaria lontana da Houston, che rimandava a sua volta le comunicazioni alla sala di controllo. Così le centinaia di persone che hanno applaudito entusiaste al touchdown lunare in realtà guardavano lo stesso nastro registrato che abbiamo visto tutti noi. Al rientro della missione l’equipaggio ed il modulo di comando venivano caricati su un aereo militare e lanciati nel Pacifico per essere recuperati da una portaerei americana al momento giusto. Poi venivano immediatamente trasferiti ed isolati dal mondo esterno per diciotto giorni consecutivi, una quarantena motivata dall’assurda necessità di possibili contaminazioni da germi, batteri o da altre improbabili forme di vita nello spazio cosmico. Questo era uno stratagemma molto utile per giustificare la totale mancanza di entusiasmo durante le prime interviste. Nulla era stato lasciato al caso e tutti i campioni delle rocce lunari che erano stati preparati in un laboratorio geologico della NASA avrebbero confermato l’unicità delle caratteristiche geologiche. Pochissime persone del progetto Apollo erano al corrente dell’inganno visto che tutti ricevevano solo le informazioni limitate allo stretto necessario. In sostanza ogni reparto funzionava a camera stagna e riferiva solo ad un unico responsabile. Lo stesso Wernher von Braun, sei mesi dopo l’ultimo sbarco dell’Apollo, avvenuto il 17 nel dicembre 1972, rassegnò le proprie dimissioni per presunte e mai chiarite divergenze con in vertici dalla NASA. Cinque anni dopo, esattamente il 16 giugno 1977, morì di cancro e credo che assieme a lui fu seppellita anche tutta la verità sulle missioni Apollo. Aveva solo sessantacinque anni.»
«Ma il presidente degli Stati Uniti sapeva?»
«Io credo di no, ma questa è solo una mia supposizione.»
«Mi sembra un po’ inverosimile non credi?»
«No, perché contrariamente a quello che la gente comune pensa, il presidente degli Stati Uniti non prende mai decisioni in propria autonomia ed è circondato da uno staff di consulenti personali e di consiglieri militari che lo manipolano e lo controllano a loro piacimento. Immagino che non avessero la necessità di metterlo al corrente del cosiddetto “piano B” soprattutto perché ormai i finanziamenti erano già stati stanziati e c’era inoltre la remota possibilità che Richard Nixon potesse in qualche modo manifestare la sua contrarietà. Insomma non era necessario né auspicabile che lui lo sapesse. È stato ingannato come tutti e suo malgrado fu coinvolto nella truffa grazie alla celebre telefonata in diretta ai due astronauti che passeggiavano sulla Luna. Credo che quella sia stata la telefonata più assurda nella storia dell’umanità! Se anche negli anni seguenti si fosse reso conto di com’erano andate veramente le cose non avrebbe avuto alcun interesse a parlare, se non altro per non fare la parte dell’idiota. Comunque lui contava ben poco perché in America tutte le decisioni strategiche ed economiche sono sempre condizionate dagli interessi delle potenti lobby. Per rendertene conto è sufficiente osservare come sono organizzate tutte le gigantesche campagne elettorali in cui vengono spesi milioni di dollari per sostenere indifferentemente candidati democratici o repubblicani. Una volta eletti, questi sono di fatto obbligati a sdebitarsi con i propri finanziatori introducendo o modificando le leggi per poter favorire di volta in volta i settori farmaceutici, le grandi banche, le società finanziarie, le fabbriche di armi e le ricerche militari. È un sistema collaudato che consente ai politici di poter essere eletti e alle lobby di tutelare i propri interessi. In sostanza quella che noi possiamo vedere è solo una parvenza di democrazia anche se purtroppo la gente non se ne accorge nemmeno. Sono convinto che almeno il 90% della popolazione americana non abbia neanche una vaga idea di ciò che stia accadendo realmente nel proprio Paese. Ogni giorno molte notizie vengono manipolate ad arte per farle apparire come vere e queste spesso finiscono in una zona oscura del cervello dove la gente le percepisce e le assorbe come verità assolute. I mass media hanno un impatto terribile su milioni di persone comuni e possono facilmente influenzare e manipolare qualsiasi libera opinione. In realtà pochi sono realmente consapevoli dell’immenso potere che risiede nell’informazione e soprattutto della responsabilità con cui questa dovrebbe essere gestita. Da oltre un secolo l’America è impegnata in tutti i principali fronti di guerra e guarda caso proprio nei luoghi in cui ci sono sconfinati giacimenti di petrolio. Secondo te perché lo fanno? Per il nobile e disinteressato desiderio di esportare la democrazia nel mondo o invece per assecondare le esigenze di chi fabbrica le armi e produce petrolio?»
Harrison la guardò intensamente come se lei fosse in grado di dare una risposta a tutte quelle domande. Sara però non aveva nessuna intenzione di lasciarsi coinvolgere in complicate questioni politiche o perlomeno non in quella serata.
«Scusa Harrison, si è fatto davvero tardi ed io devo ancora trovare un albergo per questa notte.»



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