martedì 31 luglio 2018

IL PIANO B PER ANDARE SULLA LUNA





Nel 1961, in un celebre discorso davanti al Congresso, il presidente John F. Kennedy affermò che gli Stati Uniti avrebbero dovuto "prendere l'impegno di raggiungere, prima della fine del decennio, l'obiettivo di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra". Non si trattava certo di una promessa da poco: 8 anni sembravano un lasso di tempo troppo breve. D'altro canto, c'era un fortissimo incentivo: l'Unione Sovietica, aveva preceduto gli Stati Uniti sia nella messa in orbita del primo satellite che  nel mandare il primo uomo nello spazio. Il "grande nemico", che puntava anch'esso a raggiungere la Luna, andava battuto a qualsiasi costo


In effetti questa affermazione della Nasa è forse l’unica che corrisponde a verità, nel senso che raggiungere la Luna “ad ogni costo” comporta anche accettare l’idea di poterlo fare solo virtualmente, cioè con un gigantesco inganno. Certamente il cosiddetto “piano B” è stato messo in atto dopo il tragico fallimento della missione Apollo 1 e la morte dei tre astronauti. L’opinione pubblica appariva ostile e visti i risultati conseguiti appariva contraria allo sperpero di altro denaro pubblico  per ulteriori missioni spaziali. Una volta compresa l’impossibilità di realizzare lo sbarco sulla Luna e vincere la sfida con l’Unione sovietica, è stato progettato il più straordinario inganno mai realizzato nella storia dell’umanità  utilizzando  la più potente arma di comunicazione di massa, cioè la televisione.

                                            
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venerdì 27 luglio 2018

LA NASA E LE BUGIE SULLE FASCE DI VAN ALLEN




E' ormai certo che nel corso dei decenni la NASA , con la scusa del "restauro" dei negativi originali ha ritoccato e manipolato  tutte le fotografie ed i filmati degli sbarchi lunari. Lo ha fatto nel tentativo di eliminare, nel limite del possibile, tutte le incongruenze che erano emerse sempre più numerose e quindi per renderli più credibili. Essa ha anche cercato di “ritoccare” le affermazioni di James van Allen sulle cinture magnetiche che circondano la Terra, da lui scoperte e che si chiamano oggi comunemente Fasce di van Allen. Jarrah White ha messo in rete alcuni articoli, dello scienziato del Iowa in cui egli descriveva in maniera impietosa gli effetti deleteri delle radiazioni nello spazio. Ecco le sue parole testuali.


“Le nostre misurazioni mostrano che il massimo livello di radiazioni, nel 1958, equivale da circa 10 a 100 roentgen per ora, in dipendenza nella proporzione, non ancora determinata, fra protoni ed elettroni. Dato che l’esposizione continuativa di un essere umano per due giorni a soli 10 roentgen fornirebbe solo una possibilità imprevedibile di sopravvivenza, le cinture radioattive rappresentano un ostacolo evidente al volo spaziale. A meno che non sia trovato un qualche modo praticabile di schermare i viaggiatori spaziali contro gli effetti della radiazione, i razzi spaziali con equipaggio possono al meglio decollare attraverso la zona libera da radiazioni sopra i poli.” (James A. van Allen–Scientific American– marzo 1959). Dopo la sua morte però la Nasa si è affrettata a divulgare precisazioni e rettifiche delle sue dichiarazioni affermando che queste radiazioni non sarebbero state letali ma quasi innocue per gli astronauti a bordo di astronavi. Peccato però che James van Allen non lo abbia mai detto (dai suoi studi risulta che le fasce di van Allen diventano letali per gli esseri viventi tra i 14.000 ed i 17.000 chilometri) e che ormai non potrà nemmeno obiettare qualcosa. Rimane tuttavia il fatto  che la Nasa non può manipolare né ritoccare e cioè che dall'ultimo presunto sbarco lunare del dicembre 1972 con l'Apollo 17 nessun essere vivente al mondo è mai riuscito ad allontanarsi dalla Terra oltre l'orbita terrestre bassa dove c'è la stazione spaziale internazionale. L'orbita terrestre bassa è posizionata però  a soli  380 chilometri dalla Terra mentre la Luna è invece a 384.000 chilometri. La Nasa afferma che le radiazioni delle fasce di van Allen nel 1969 non erano un problema però non spiega come mai le stesse radiazioni oggi invece costituiscono un ostacolo insormontabile per poter mandare in orbita la missione Orion a soli 5.000 km di distanza  dalla Terra.






Se poi si analizzano i dati ufficiali diffusi dalla NASA riguardo le radiazioni assorbite dagli astronauti durante tutte le missioni spaziali Apollo si evidenziano due fatti curiosi e paradossali.  
Il primo è che nelle altre missioni 12-14-15-16-17 l’astronauta  dell'equipaggio che ha assorbito più radiazioni rispetto agli altri due era proprio quello che rimaneva nel CSM (modulo di controllo e di comando) in orbita attorno alla Luna. Ma questo è davvero strano visto che la struttura della navicella spaziale doveva comunque costituire  una maggior schermatura rispetto agli altri due astronauti che camminavano sulla Luna protetti solo dalle loro tute. 
L'altra incongruenza è che l'equipaggio che avrebbe assorbito il maggior numero di radiazioni risulta quello dell'Apollo 13, cioè l'unico equipaggio a non aver mai  lasciato l'orbita terrestre a causa del guasto che l'ha costretto ad annullare avventurosamente la missione e rientrare a Terra.



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martedì 24 luglio 2018

ALAN BEAN, L'ASTRONAUTA IGNORANTE




Tratto dal romanzo storico di Guido Travan
“Il giorno della verità”
Youcanprint -  febbraio 2017

«Eppure ci sono delle situazioni così paradossali che dovrebbero far comprendere alla gente come sono andate veramente le cose.»
«A cosa ti riferisci?»
«Mi riferisco ad un breve dialogo con l’astronauta Alan Bean della missione Apollo 12. Ascoltandola potrai capire perché la NASA non vuole che gli astronauti rilascino interviste. Questo video è ancora presente sul web ma sono certo che presto lo faranno sparire.»
Harrison toccò un tasto e comparvero le immagini di Buzz Aldrin, il secondo uomo che avrebbe camminato sul suolo lunare. La voce iniziale è quella del giornalista che introduce l’intervista.


Tutte le missioni spaziali con esseri umani a bordo, sia americane che sovietiche, dalla prima nel 1961 fino ad oggi, si sono sempre mantenute molto al di sotto delle fasce di radiazioni mortali di van Allen. Mercury, Gemini, Soyuz, Skylab, Shuttle, si sono tutte mantenute a quote inferiori alle 1.000 miglia. Tutte eccetto le missioni Apollo. Superare le fasce di van Allen, con tutti i pericoli che comportava, deve essere stato un momento emozionante ed indimenticabile per ogni astronauta. Ecco come ce lo racconta Alan Bean, Moonwalker di Apollo 12.
Domanda: “Qualche disturbo a causa delle fasce di radiazione di van Allen?”
Risposta: “No, non mi sembra che siamo andati abbastanza in alto da incontrare le fasce di van Allen. O forse sì. Non so a che distanza siano le fasce di van Allen ma se le abbiamo raggiunte vuol dire che non era un problema. Se le abbiamo attraversate vuol dire che abbiamo costruito l’astronave e le tute spaziali in modo che non ci siano problemi per gli astronauti. Non si costruisce qualcosa sperando che funzioni ma si studia per capire quali siano i pericoli dell’ambiente e poi si decide quanto spesso debba essere il metallo dell’astronave in modo da poter attraversare queste radiazioni o questi meteoroidi senza subire danni. E quindi noi l’abbiamo costruita.”
Domanda: “Le fasce vanno da 1.000 a 25.000 miglia di altezza dalla Terra...”
Risposta: “Allora vuol dire che le abbiamo attraversate di sicuro...”
Domanda: “Nessuna conseguenza sulle cellule?”
Risposta: “No, non mi sono nemmeno accorto. Non penso che nessuno... forse qualcuno ha detto che le abbiamo attraversate ma noi dentro non abbiamo sentito niente. Non abbiamo avuto nessuna radiazione aggiuntiva. Non mi sembra che siamo andati abbastanza in alto da incontrare le fasce di van Allen. O forse sì.”
Harrison fermò il filmato per guardare Sara negli occhi.
«È incredibile vero?»
«Cristo... ma è semplicemente pazzesco! Questa volta la NASA non può negare l’esistenza di questa intervista.»
«Vedrai che tra qualche giorno non comparirà più su nessun sito...»
«Sono sconvolta...»
«Pensa che mio padre ha passato la sua vita a studiare le fasce di van Allen e per quello che ne so io era giunto alla conclusione che non fosse possibile superarle indenni a meno che l’astronave non avesse una corazza di 2 metri di spessore. Sai che spessore aveva invece l’interno della capsula dell’Apollo 11?»
«No, non ne ho proprio idea. »
 «In alcuni punti era separato dal vuoto circostante solo da tre millimetri! Ti rendi conto? E adesso questo Alan Bean ci racconta di non sapere nemmeno a che altezza siano le fasce di van Allen!»

«Magari è solo un po’... volevo dire... insomma potrebbe avere l’Alzheimer o qualcosa di simile.»
«No, non ha nessun sintomo di demenza senile né di altre malattie mentali. Si gode la vita, gioca a golf, fa lunghe camminate e conduce una vita tranquilla. Proprio per evitare situazioni imbarazzanti come queste la NASA ha “consigliato” gli astronauti di non rilasciare più interviste. Insomma il rischio che potessero cadere in contraddizione era molto alto anche perché all’inizio era già successo.»
«Quando?»
«Durante la prima intervista rilasciata subito dopo la lunga quarantena, gli astronauti dell’Apollo 11 dichiararono di aver assistito al sorgere e al calare della Terra ed infatti su diverse immagini scattate sulla Luna si può notare che il pianeta Terra si trova in una posizione diversa. Tale fatto però è del tutto impossibile visto e considerato che la Terra si trova al centro dell’orbita lunare. Appena si resero conto dell’errore la NASA aveva diffuso un breve comunicato di rettifica in cui precisava che le osservazioni fatte degli astronauti non avvennero mentre erano sulla Luna bensì durante l’orbita intorno alla Luna. Da quel giorno in poi la concessione delle rare interviste venne subordinata al fatto di poter conoscere per iscritto e con largo anticipo tutte le domande che sarebbero state rivolte agli astronauti.»





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lunedì 23 luglio 2018

UNA PROVA SCHIACCIANTE






Tra poco più di un mese verrà presentato il film americano “Il primo uomo” e con tempismo perfetto segnerà l’inizio di una martellante campagna pubblicitaria in vista del grande appuntamento del 50° anniversario del primo (falso) sbarco sulla Luna del 20 luglio 1969.
Non è certo una novità che una bugia ripetuta mille volte possa diventare nell’immaginario collettivo  una mezza verità e quindi non c’è da meravigliarsi che a distanza di tanto tempo l’America abbia deciso di celebrare tale anniversario con un film per esaltare le gesta eroiche della conquista dello spazio. Il trailer è già disponibile in rete e quindi seguirà il copione già visto per Apollo 13 perché funziona a meraviglia.
Bisognerebbe riflettere sul paradosso che venga realizzato un film, cioè una finzione,  per raccontare un’altra finzione, cioè la presunta e mai dimostrata missione Apollo 11.
E’ inutile stare a girarci troppo attorno perché ormai è risaputo che a quasi mezzo secolo di distanza  ancora nessuno è in grado di dimostrare con assoluta certezza che tale missione sia realmente accaduta. Fino ad ora tuttavia la difesa principale della versione ufficiale della Nasa era che nessuno potesse dimostrare l’incontrario nonostante gli indizi di colpevolezza siano talmente numerosi da insinuare nell’opinione pubblica un dubbio più che legittimo. Questa fase di stallo sembrava destinata a durare ancora per molto tempo visto che  dall’ultima (anch’essa presunta) missione Apollo 17  del dicembre 1972 nessun equipaggio al mondo era più ritornato sulla Luna. Non solo,  ma nessun equipaggio al mondo si era più allontanato dalla Terra oltre i 643 km raggiunti con le missioni Shuttle mentre la stazione spaziale internazionale ISS rimane in orbita bassa a soli 380 km dalla Terra, cioè una vera inezia  considerato che la Luna è distante ben 400.000 km. Si deve poi tener presente che fin dal 2004 la Nasa ha avviato il progetto della missione spaziale Orion che avrebbe dovuto portare quattro astronauti in orbita media a 5.000 km dalla Terra entro il 2010 ma tale missione è stata più volte rinviata (ora si parla del 2021)  perché ancora nessuno è in grado di trovare una schermatura idonea a garantire l’incolumità degli astronauti contro le micidiali radiazioni cosmiche presenti nelle fasce di Van Allen. Basterebbe solo questo per sentire odore di imbroglio, visto e considerato che chiunque decide di andare sulla Luna deve per forza di cose attraversare le fasce di van Allen. 
La domanda  quindi appare del tutto lecita: come hanno fatto nel 1969  gli astronauti americani  ad attraversare incolumi quelle stesse identiche fasce visto che ancora oggi nessuno  è in grado di farlo nonostante  una tecnologia straordinariamente più avanzata?


Tutti noi sappiamo quanto sia estremamente difficile riuscire a sradicare delle convinzioni ormai sedimentate nella nostra memoria personale soprattutto quando fanno parte della memoria collettiva basata su filmati televisivi visti in diretta. Sono ancora troppo pochi quelli che hanno il tempo, la curiosità, l’intelligenza e la pazienza di approfondire e di documentarsi, di porsi delle domande, di mettere in dubbio la verità ufficiale e trovare delle risposte alternative. Per ognuno di noi  appare decisamente molto più comodo continuare a credere in tutto ciò a cui si è sempre creduto come fosse una specie di dogma religioso. E’ perfino troppo facile trovare rassicurazioni nelle solite frasi che si leggono sui giornali, frasi tipo : Se i russi avessero sospettato qualcosa lo avrebbero detto no? Oppure : Ci sono le immagini televisive in diretta, cosa vuoi di più?E le rocce lunari? E i riflettori per la misurazione laser?
Insomma chi mette in dubbio la versione ufficiale della storia in genere viene deriso e denigrato, viene definito complottista o con altri termini molto più dispregiativi come se fosse un ingenuo credulone disposto ad assimilare ad ogni tipo di possibile cospirazione.


Riguardo il gigantesco inganno dello sbarco sulla Luna qualcosa di importante è accaduto grazie a Massimo Mazzucco, un giornalista e ricercatore che da anni analizza meticolosamente tutte le immagini ed i filmati originali della Nasa per poter dimostrare una volta per tutte la falsità delle missioni spaziali Apollo. La sua ultima fatica rappresenta la sintesi di tutte le sue appassionate ricerche ed è un documentario di tre ore e mezzo in cui spiega tutte le incongruenze e le assurdità dei filmati.
Il filmato che ho postato è una parte molto importante di questo documentario  perché dimostra, senza possibilità di errori, che la bandiera americana ha continuato a muoversi anche dopo che i due astronauti erano risaliti a bordo dell’Apollo 14.
In gergo processuale americano questa potrebbe definirsi come la regina di tutte le prove di colpevolezza, ossia la cosiddetta “pistola fumante”. La Nasa come sempre rimane in silenzio mentre Paolo Attivissimo, noto debunker filo-governativo, non è riuscito a fornire una spiegazione plausibile e ancora una volta si è limitato ad arrampicarsi sugli specchi con risultati patetici. D’altra parte che altro poteva fare di fronte a tali evidenze?



                                           

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