giovedì 25 ottobre 2018

ORIANA FALLACI E LA FALSITÀ DELLO SBARCO



Il successo della missione Apollo 11 è stato raccontato dalla celebre giornalista Oriana Fallaci nel libro  "Quel Giorno sulla Luna" , pubblicato da Rizzoli nel 1970.
Come inviata dell’Europeo, la giornalista italiana aveva realizzato numerosi reportage intervistando astronauti e scienziati  della NASA durante la preparazione della più grande missione spaziale di tutti i tempi.
Ebbene, a distanza di quasi  cinquant’anni, fa un certo effetto rileggere alcune pagine di quel libro perché, nella loro ingenua innocenza, anticipano di parecchi anni tutti i dubbi ed i sospetti riguardo l'autenticità dello sbarco sulla Luna.
Ad esempio, per descrivere i due astronauti destinati a camminare sul suolo lunare si esprime così:

"Erano due uomini che nessuno aveva scelto perché migliori degli altri e il loro unico merito consisteva nell’essere bravi piloti, ma non migliori di altri. Umanamente non valevano granché. Privi di fantasia e di umiltà, prima della partenza si erano mostrati arroganti, durante il volo non si erano resi simpatici: mai una frase dettata dal cuore, un motto scherzoso, un’osservazione geniale. Avevano visto la Terra che si allontanava centinaia di migliaia di miglia e tal privilegio s’era risolto in un’arida lezione di geografia: «Vedo a destra la penisola dello Yucatán, a sinistra la Florida…».
Qualcuno li aveva definiti “unmanned crew”, equipaggio senz’uomo, il termine che si usa per le astronavi che non hanno persone a bordo, insomma dei piloti automatici. Amareggiato e deluso dal loro silenzio, li perdonavi solo sapendo che avevano paura, ma neanche ciò bastava ad amarli mentre l’ora si avvicinava. Nel distintivo della Nasa fatto disegnare proprio dai tre astronauti si vedeva un’aquila che scende con le ali spiegate e gli artigli spalancati fra i crateri della Luna. Osservandolo, alcuni avevano ricordato che l’impegno di sbarcare sulla Luna entro il 1970 era stato assunto da John Fitzgerald Kennedy dopo la crisi di Cuba, anzi dopo la Baia dei Porci, per scopi strettamente politici. C’era bisogno di una grossa impresa che restituisse prestigio e rispetto agli Stati Uniti e la Luna era apparsa la soluzione più facile e più clamorosa. Lo stesso Lyndon Johnson aveva confermato ciò in una trasmissione televisiva."

Appare significativo come la Fallaci avesse notato con un certo sgomento l’assoluta incapacità di Neil Armstrong di lasciar trapelare alcuna emozione nel momento in cui l’Apollo 11 aveva toccata il suolo lunare. Ecco qui di seguito le sue impressioni.

“Ci volle un bel po’ perché si ricomponessero, ci ricomponessimo, e ripensassimo alla voce con cui Armstrong aveva detto «l’Aquila è atterrata». Una voce soffice, tranquilla, priva di qualsiasi emozione.”
La Fallaci si sofferma a descrivere il comportamento di Neil Armstrong subito dopo che ebbe posato i piedi sulla Luna. Le sue prime parole sulla Luna furono queste:

«Sono ai piedi della scaletta, I am at the foot of the ladder… i piedi del Lem sono affondati nella superficie per circa uno, due pollici… la superficie tuttavia appare molto, molto granulosa quando ti avvicini. È come polvere. Fine, molto fine. Ora esco dal piattello del Lem».

È questo che disse. La frase su cui fecero i titoli la disse dopo. La frase che tutti avevano tentato di indovinare, cosa dirà Neil al momento di fare il primo passo sopra la Luna, dirà fantastico, dirà perbacco ragazzi, e lo avevano tormentato tanto, povero Armstrong, lo avevano esasperato al punto che per non deludere l’attesa lui ci aveva pensato, alla frase, e l’aveva trovata, e l’aveva confidata a una sola persona: sua madre. L’ha raccontato lei stessa: 
«Venne a domandarmi cosa ne pensavo, sembrava così preoccupato, e io gli dissi che mi sembrava un bel discorso. Allora mi fece giurare che non l’avrei detto a nessuno».

Non era un gran bel discorso, ammettiamolo. Era una frase retorica, e suonava un pochino falsa, un pochino buffa, dentro il suo gergo tecnico da pilota. Oh, quasi ne fosse cosciente, Armstrong la pronunciò molto in fretta, in un sussurro carico di imbarazzo: «That’s one small step for man, one giant leap for mankind. Questo è un piccolo passo per l’uomo, è un salto gigantesco per l’umanità».


Alla luce dei giorni nostri ancor più significativo appare oggi il dialogo tra i due astronauti riportato da Oriana Fallaci.

«A giudicare di qui, sembrano belli anche i sassi. Neil», disse Aldrin.
«Questo posto ha una sua bellezza, Buzz. Assomiglia molto al deserto degli Stati Uniti. È deserto, sì, ma è molto bello.»

Il riferimento al deserto degli Stati Uniti appare quanto mai beffardo, come se Armstrong avesse lasciato volutamente una specie di indizio. Oriana Fallaci tuttavia sottolinea anche alcuni aspetti che la stampa di allora cercava di minimizzare per non offuscare la grandezza di quella storica impresa.

“Qualcuno osservò, finalmente, quanto è umiliante pensare che quei due uomini scelti a rappresentare tutti gli uomini erano stati volontari in Corea, dove avevano gettato quintali di bombe, di napalm, su villaggi indifesi. Qualcuno osservò, umilmente, che in quel momento, proprio in quel momento, centinaia di creature stavano morendo in Vietnam; uccise dagli uomini che son tanto bravi, tanto intelligenti, tanto coraggiosi, sanno andare sulla Luna e sbarcarci e camminarci, poi sulla Terra si ammazzano come le bestie.”

Poi ci sono alcuni passi del libro che risultano particolarmente interessanti alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, in particolare riguardo l’impossibilità della polvere lunare di aderire sulle superfici per l’assenza di umidità. Ecco il testo del libro:

“Aldrin: «Il colore blu delle mie scarpe è completamente scomparso sotto questo colore del suolo che gli si è appiccicato. E che non saprei come descrivere. Diciamo un marrone cenere. Copre gran parte delle mie scarpe di piccolissime particelle. La superficie è fine e polverosa, posso sollevarla con la punta delle mie scarpe: aderisce alla suola e ai lati delle mie scarpe in strati simili a polvere di carbone. Affondo solo in una piccola frazione di pollice, forse l’ottava parte di un pollice. Ma posso vedere le impronte delle mie scarpe e i miei passi sopra la sabbia ».

Anche il dialogo relativo alle stelle appare quanto mai interessante:

“Armstrong: «Chiuso. Dai finestrini non abbiamo potuto vedere le stelle, avevamo la visiera dell’elmetto calata. Ora Buzz tenta di vederle con le lenti ottiche, io sto guardando la Terra. È grande e lucente e bella».

Eppure sulla Luna le stelle dovevano apparire luminosissime, uno spettacolo straordinario da far restare senza parole per la meraviglia. Invece Buzz tenta di vederle con le lenti ottiche?
Anche se Oriana Fallaci è stata una delle più grandi giornaliste del secolo scorso è stata ingannata come tutti e si è lasciata trasportare dal comprensibile entusiasmo per la più grande missione spaziale di tutti i tempi. Eppure qualcosa aveva intuito e il suo sesto senso aveva  percepito prima di tutti alcune note stonate nel comportamento e nelle parole degli astronauti. Rileggendo ora le sue parole a distanza di tanti anni fa quasi tenerezza perché anche lei, come tutti noi, è stata coinvolta e ingannata diventando una  vittima inconsapevole della grande menzogna americana.


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martedì 16 ottobre 2018

UN'OFFESA ALL'INTELLIGENZA UMANA




Riguardo gli innumerevoli errori evidenziati nelle immagini fotografiche degli sbarchi sulla Luna si è parlato molto ma quasi sempre concentrando l'attenzione solo su alcuni degli aspetti clamorosi e trascurandone altri. I più importanti ovviamente sono la divergenza delle ombre (con la luce del sole tutte le ombre devono andare nella stessa direzione) e la mancanza di uniformità della luce solare (Hot spot). Poi ci sono le stranezze delle immagini realizzate in controluce che inspiegabilmente consentono di rendere visibili anche le zone in ombra (cosa del tutto impossibile da realizzare senza l'aiuto di un flash oppure di pannelli riflettenti) e infine la serie di immagini  panoramiche dove si può vedere chiaramente  una linea di demarcazione netta che lascia intuire la presenza dei caratteristici sfondi su tela utilizzati nei set cinematografici. 


Recentemente tutte queste immagini sono state accuratamente visionate dai migliori nonché più celebri fotografi al mondo tra cui spiccano i nomi di Oliviero Toscani, Aldo Fallai, Toni Thorimbert e Peter Lindbergh. Ognuno di loro ha espresso il medesimo giudizio  escludendo in maniera tassativa la possibilità che quelle immagini possano essere state scattate sulla Luna. A prescindere comunque dal giudizio dei grandi fotografi anche una persona non esperta di tecniche fotografiche potrebbe facilmente arrivare alla stessa identica conclusione solamente osservando queste tre immagini, scattate (si fa per dire) sulla Luna durante la missione dell’Apollo 12. L’incongruenza è talmente evidente che non servirebbe neppure commentarla. L'ombra dell'astronauta illuminato dal sole dovrebbe infatti apparire nitidissima come avviene sulla Terra durante una limpida giornata di sole. L'ombra potrebbe risultare sfumata sul bordo come nelle foto lunari solo nel caso in cui lo scatto risultasse mosso oppure  per un'errata messa a fuoco. Ma osservando attentamente l’ombra dell’astronauta nelle nostre tre immagini si può chiaramente verificare che gli scatti sono perfettamente a fuoco e che le immagini non risultano mosse. Insomma non servirebbe neppure scomodare i più grandi fotografi al mondo per poter escludere che quell'ombra sia stata prodotta dall'illuminazione solare. 


A questo punto, ragionando per logica esclusione, si deve trarre la conclusione che l'ombra dell'astronauta sia stata prodotta esclusivamente da un'illuminazione artificiale.
Se quindi è stata utilizzata una fonte di luce artificiale quelle immagini non possono essere state scattate sulla Luna.
Ne consegue pertanto che quelle fotografie sono false.
E quindi?
Quindi se le foto sono false risulta falso pure lo sbarco sulla Luna.
Qualche obiezione?

N.B. Le immagini pubblicate sono state scaricate dall'archivio ufficiale della Nasa e sono classificate con le seguenti sigle 
AS12-46-6751, 
AS12-47-6896,  
AS12-47-6961  
Chiunque può personalmente  verificarle al seguente sito:
http://www.apolloarchive.com/apollo_gallery.html



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sabato 13 ottobre 2018

SOGNI DI GLORIA


Tratto dal romanzo di Guido Travan
IL GIORNO DELLA VERITÀ
Youcanprint – febbraio 2017


«Credo che inizialmente la NASA abbia avuto davvero le migliori intenzioni di far arrivare il primo uomo sulla Luna e per farlo aveva dato il via ad una gigantesca macchina organizzativa. Questa macchina ha iniziato a sviluppare progetti e schemi tecnici, software per la verifica e lo studio delle orbite nonché a selezionare e collaudare tutte le singole componenti elettroniche ed i materiali da utilizzare. Per gli appalti era stato necessario ricorrere a centinaia di gare ufficiali e di tutto questo mare di scartoffie ovviamente è rimasto un riscontro oggettivo. Però subito dopo l’incidente dell’Apollo 1 e la morte dei tre astronauti devono aver compreso di avere ancora troppe lacune tecniche per sperare di poter raggiungere l’obiettivo. Sulla tragedia dell’Apollo 1 era stata aperta una commissione d’inchiesta e la relazione preliminare di Thomas Baron era stata così impietosa che aveva addirittura escluso la possibilità di sbarcare sulla Luna con le conoscenze di allora. Thomas Baron però rimase vittima di uno strano incidente stradale e dopo che la sua relazione ufficiale scomparve misteriosamente l’inchiesta si concluse in maniera indolore, cioè minimizzando tutte le gravi lacune evidenziate a carico della NASA. Nei primi mesi successivi all’incidente tutti i programmi spaziali furono comunque sospesi ed è stato allora che a qualcuno è venuta in mente l’idea di poter simulare i viaggi sulla Luna. I motivi non mancavano di certo e primo fra tutti c’era sicuramente l’avidità di denaro e di potere. Nessuno infatti voleva rinunciare a quella montagna di dollari già stanziati e le potenti lobby militari collegate con i centri di ricerca della NASA devono aver cominciato ad elaborare una specie di “piano B”, da utilizzare solo nel caso in cui non fossero stati in grado di mandare realmente un uomo sulla Luna. 


Quando fu evidente che la missione lunare era impossibile la NASA diede il via al programma operativo conosciuto con la sigla ASP, cioè Apollo Simulation Project, ideato per garantire i miliardi di dollari di finanziamenti e allo stesso tempo necessario per far rinascere l’orgoglio nazionale messo a dura prova dalla guerra nel Vietnam. Comunque fossero andate le cose di fronte al mondo intero l’America sarebbe risultata vincente e questo avrebbe rafforzato il prestigio e l’immagine politica e militare della nazione, soprattutto nei confronti dell’URSS, l’unico avversario che potesse contrastare il dominio americano nel mondo. Da questo punto di vista è stata una mossa un po’ azzardata ma geniale. A quell’epoca dovevano essere convinti che nel giro di pochi anni sarebbero stati in grado di realizzare davvero gli sbarchi lunari e quindi tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi perché così avrebbero eliminato ogni possibile dubbio sull’esito delle missioni precedenti. Tieni inoltre presente che durante quel periodo i vertici della NASA avevano il controllo totale su tutte le notizie che venivano divulgate dalle televisioni e dai giornali e che non c’era quindi nessuno che potesse mettere in dubbio la versione ufficiale. In realtà la corsa verso la Luna serviva a coprire i massicci finanziamenti per la sperimentazione dei nuovi armamenti e realizzare i costosissimi test dei sistemi missilistici. Purtroppo per loro non avevano previsto che a distanza di quarant’anni non avrebbero ancora acquisito le conoscenze necessarie per mandare davvero l’uomo sulla Luna. Il resto è storia recente. Con il progredire incessante delle conoscenze scientifiche e l’immediatezza della divulgazione su internet devono aver temuto che qualcuno potesse trovare le prove del gigantesco imbroglio e così non hanno esitato a far scomparire foto e filmati originali. Dal loro punto di vista questa è stata una mossa disperata ma comprensibile.»



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giovedì 11 ottobre 2018

IL SUONO NELLO SPAZIO



Questo filmato originale della Nasa è stato realizzato durante la missione Apollo 15. Apparentemente sembra tutto a posto ma invece non è affatto così. Infatti chiunque abbia una minima nozione di fisica sa perfettamente che il suono non può propagarsi nel vuoto e giustamente la comunicazione tra gli astronauti avviene infatti solo grazie alla radio auricolare. Il problema però è che le vibrazioni non possono viaggiare attraverso il vuoto dello spazio cosmico e quindi il suono prodotto dai colpi di martello che si ascoltano nel video sono un’assurdità e costituisce  l’ennesima dimostrazione di come le missioni Apollo siano state abilmente simulate con immagini video pre-registrate.  La Nasa ha investito un’ingente quantità di tempo e di denaro per mettere in scena un inganno di tale proporzioni ma inevitabilmente si è esposta al rischio di incorrere in grossolani errori come questo. L’ente spaziale americano  in quegli anni aveva puntato tutto sulla manipolazione delle immagini televisive che sarebbero state trasmesse  con l’enorme forza persuasiva della televisione e per un certo periodo di tempo il grande bluff sembrava aver funzionato. Probabilmente si erano convinti che nel breve periodo, entro una decina di anni al massimo, sarebbero stati davvero in grado di mandare degli astronauti sulla Luna e questo avrebbe cancellato con un colpo di spugna ogni possibile perplessità sulle precedenti missioni. Invece, sfortunatamente per la Nasa, andare sulla Luna è risultato molto più difficile del previsto  al punto tale che ancora oggi, dopo ormai quasi 50 anni, nessun astronauta è mai riuscito ad allontanarsi oltre l’orbita bassa alla misera distanza di 643 chilometri dalla Terra.


La maggior parte delle persone però continua a credere alla versione ufficiale della Nasa nonostante tutte le evidenze emerse nel corso degli ultimi anni. Può apparire strano ma non in realtà non lo è affatto perché istintivamente si tende a credere  più volentieri a ciò che si desidera  sia vero e quindi è molto più facile  credere agli eroi americani che hanno sfidato  le avversità dello spazio per conquistare la Luna  in quelle storiche missioni Apollo piuttosto  che  dover rimettere in discussione l’autenticità degli sbarchi. Dover ammettere di essere stati ingannati è destabilizzante e  ti mette di fronte a degli interrogativi che non vuoi affrontare perché in fondo la gente è fondamentalmente pigra e ha sempre poco tempo,  quindi preferisce fermarsi al titolo dei giornali piuttosto che cercare di approfondire o di verificare le notizie. Insomma è più semplice non pensarci, è più facile  lasciarsi cullare dalla pigrizia, è più comodo continuare a vivere la propria vita restando nell’ignoranza. Tanto se poi anche fosse vera la notizia che gli sbarchi sulla Luna sono stati falsificati cosa cambierebbe nella mia vita?

Forse nulla o forse tutto. Forse può far nascere la consapevolezza che qualsiasi notizia può essere manipolata e che ogni inganno è possibile per chi detiene il potere.


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