giovedì 31 gennaio 2019

NON MI SORPRENDEREBBE AFFATTO



Non ci sono dubbi e bisogna riconoscere tutta la bravura americana perché la ricostruzione del presunto allunaggio dell’Apollo 11 nella scena finale del film THE FIRST MAN  rappresenta un vero e proprio capolavoro della cinematografia mondiale. Le immagini a colori del regista Damien Chazelle sono di  una bellezza straordinaria e mentre si alternano e si sovrappongono a quelle originali in bianco e nero si ha la sensazione di essere fisicamente all’interno della navicella e di provare ciò che devono aver provato gli astronauti in quei memorabili istanti prima dell’allunaggio. Si sentono le voci concitate che giungono da Houston, i dialoghi si fanno serrati e  la tensione sale mentre il suolo si avvicina rapidamente. All’interno del cinema le pareti vibrano per il livello sonoro della meravigliosa colonna sonora di Justin Hurwitz, una musica travolgente che ci accompagna e ci stordisce con un crescendo acustico emozionante. 


Il LEM tocca finalmente il suolo e tirando un sospiro di sollievo si ha davvero la sensazione di rivivere quegli attimi  assieme agli astronauti all’interno della navicella. Tutti i sensi sono sollecitati, i colori si fanno più vividi ed il cuore batte forte per l’eccitazione. Insomma è davvero un finale meraviglioso che produce la magia di rendere credibile la finzione dello sbarco sulla Luna. Ancora una volta lo spettatore viene ingannato e non c’è nulla di più convincente di una ricostruzione cinematografica per convalidare come verità storica un evento inventato. Mentre guardavo il film percepivo la strana sensazione di  dejavù, perché era come se rivivessi qualcosa che avevo già provato e sperimentato in passato. 


Ed in effetti era la stessa identica sensazione che avevo provato anni fa  visitando  il John Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida dove sono dislocate le strutture di lancio delle missioni spaziali americane oltre a vari musei per soddisfare la curiosità dei turisti.   In uno di questi si paga il biglietto per entrare in una specie di teatro a gradoni che riproduce perfettamente la sala di controllo di Houston. Sui lunghi tavoli sono posizionati gli schermi di grossi rudimentali computer dell’epoca mentre un grande schermo illuminato riempie l’intera parete di fondo. Quando le porte si chiudono le luci si spengono e nell’oscurità generale sullo schermo appare il gigantesco razzo Saturn 1B dell’Apollo 11 posizionato sulla rampa di lancio. Nel buio più totale si sente la voce emozionata dello speaker che scandisce il conto alla rovescia finché  un boato spaventoso si diffonde nella sala. Il razzo si solleva e tutti i turisti-visitatori sono così emotivamente coinvolti che cominciano ad applaudire proprio come applaudiva la folla inquadrata sulle spiagge della Florida. 
La tecnica di persuasione  utilizzata dalla Nasa è dunque sempre la stessa e ancora oggi i turisti escono dal centro spaziale  con la sensazione di aver assistito al vero  lancio dell’Apollo 11. In sostanza il ricordo di quelle immagini si sedimenta per sempre nel proprio inconscio e quel ricordo viene  quindi  istintivamente riconosciuto e assimilato dal cervello nella nostra memoria come realmente “vissuto” e quindi come vero.
Da questo punto di vista il film The first man ha raggiunto magnificamente il suo scopo proprio perché certifica l’autenticità dell’eroica impresa spaziale americana a pochi mesi dalla celebrazioni ufficiali del  50° anniversario della più grande menzogna mai realizzata nella storia dell’umanità.
Rivedendo quelle immagini così emozionanti ho pensato anche al film realizzato nel 1968 da Stanley Kubrik, Odissea nello spazio. Il film è considerato ancor oggi un capolavoro perché per la prima volta era riuscito a riprodurre fedelmente sul set cinematografico l'ambientazione dello spazio 
E allora la domanda mi è venuta spontanea: Chi può veramente escludere che le immagini dello sbarco dell’Apollo 11 del 1969 non siano state solo una finzione cinematografica per rendere reale ciò che era impossibile realizzare?

In  pochi hanno notato questo dettaglio ma nella parte superiore  nella locandina del film c’è questa scritta emblematica: 
SCOPRITE L’IMPOSSIBILE  VIAGGIO SULLA LUNA.

Insomma sembra quasi un messaggio criptico e subliminale che mi ricorda molto la frase che accompagnava il famoso film del 1978, Capricorn one :

VI SORPRENDEREBBE SCOPRIRE CHE IL PIÙ GRANDE MOMENTO DELLA NOSTRA STORIA RECENTE POTREBBE NON ESSERE MAI ACCADUTO?

Per quel che mi riguarda la risposta è no, non mi sorprenderebbe affatto.
                                            
Questo non è solo un romanzo ma è la storia che vi trascinerà alla scoperta del gigantesco inganno americano. 
Dopo 50 anni di silenzi e di bugie il giorno della verità è finalmente arrivato


                                            Il romanzo è disponibile in formato digitale su:

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mercoledì 2 gennaio 2019

ANNO NUOVO E VECCHIE BUGIE




C’è sempre un limite a tutto e credo che ora sia giunto il momento di dire basta. Il prossimo 20 luglio 2019 sarà il 50° anniversario del più gigantesco inganno mai realizzato nella storia dell’umanità e non è più possibile continuare a far finta di credere a questa vergognosa messinscena organizzata dalla Nasa con la complicità di tutti gli organi di informazione.
Ogni giorno vengono fatti annunci assurdi dando ormai per scontato il primo sbarco dell’uomo su Marte entro i prossimi 5 anni e la cosa più incredibile è che tutti fingono di crederci senza sollevare alcuna obiezione. L’intento della Nasa è quello di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su Marte accantonando così ogni imbarazzante discorso sulla Luna. La verità è che l’uomo non è mai stato sulla Luna e soltanto chi è in malafede può continuare a credere alla versione ufficiale  perché fa acqua da tutte le parti. La stampa come sempre obbedisce supinamente al potere americano e naturalmente nessun giornalista si azzarda a fare la domanda tanto ovvia quanto scomoda, l’unica vera domanda  che ognuno dovrebbe porsi, cioè questa :
Come si può pensare di andare su Marte a 56 milioni di km di distanza quando dopo 50 anni ancora nessuna missione spaziale al mondo non solo non è più ritornata sulla Luna  ma non si è mai avventurata oltre  l’orbita terrestre bassa a soli 380 chilometri dalla Terra?
Ed è comunque alquanto paradossale che a distanza di quasi 50 anni la Nasa si rifiuti di dare spiegazioni sensate o accetti un confronto scientifico su tutti gli innumerevoli aspetti e incongruenze delle varie missioni Apollo. In fondo sarebbe una cosa semplice e basterebbe chiamare un team di scienziati della Nasa affinché possano rispondere in maniera scientifica su alcuni quesiti scritti forniti dai cosiddetti complottisti  e riguardanti le missioni lunari. Oppure, ancora più semplicemente, basterebbe commissionare uno studio scientifico ad un gruppo di ricercatori internazionali di comprovata fama e competenza in ambito aerospaziale affinché possano analizzare i principali fatti controversi e fornire delle spiegazioni scientifiche.
In effetti già nel 2002, quando  la teoria del complotto lunare si stava diffondendo sempre più rapidamente, la Nasa era stata sollecitata proprio dall’opinione pubblica americana (patriottica e filogovernativa) affinché potesse spazzare  via le  infamanti accuse e rispondesse per iscritto alle clamorose accuse di Bill Kaysing formulate nel suo libro “Non siamo mai stati sulla Luna”. Così venne interpellato l’ingegnere e giornalista americano James Oberg, considerato dalla comunità scientifica uno dei maggiori  esperti delle missioni spaziali, affinché producesse una pubblicazione scientificamente autorevole che fosse in grado di smantellare definitivamente tutti i dubbi ed i sospetti che cominciavano a diffondersi soprattutto sul web. Per quella pubblicazione erano già stati stanziati quindicimila dollari e James Oberg aveva dato la sua disponibilità e aveva accettato l’incarico. Però poi stranamente la Nasa annullò tutto con la ridicola motivazione che era una cosa vergognosa dover  sprecare in questo modo 15.000 dollari dei contribuenti americani. Per comprendere l'assurdità di questa decisione basterebbe ricordare che per le missioni Apollo la Nasa aveva investito e speso qualcosa come 230 miliardi di dollari.
Insomma è evidente  che la pubblicazione scientifica  non l’hanno mai voluto fare in passato, non la vogliono fare adesso e non lo faranno mai per il semplice motivo che la verità verrebbe a galla. Molto meglio per la Nasa trincerarsi dietro un ostinato  silenzio limitandosi a confermare  che le prove dello sbarco ci sono e sono quelle delle immagini che 600 milioni di persone hanno visto in diretta la notte del 20 luglio 1969. Molto meglio pubblicare l’autobiografia autorizzata di un eroe nazionale come Neil Armstrong, molto meglio osannarlo celebrandone le gesta in un film commemorativo come “First Man” dato che quelle immagini cinematografiche riescono a rendere meravigliosamente reale ciò che è sempre stata una finzione.
Allo stesso tempo, considerato che nessuno scienziato autorevole o di chiara fama vuole esporsi in prima persona difendendo apertamente l’autenticità degli sbarchi sulla Luna, questo compito  viene delegato ad un personaggio modesto come il blogger Paolo Attivissimo di cui tutto si può dire tranne che possa  essere annoverato come una fonte autorevole del mondo scientifico.
Già questo fatto dovrebbe far riflettere seriamente.


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