Dal lontano 1972 nessun uomo è più tornato sulla luna. Grazie al web tutte le perplessità riguardo al materiale fotografico scattato sul suolo lunare hanno posto seri dubbi sull’autenticità delle missioni Apollo e la scomparsa dei nastri originali non ha fatto che alimentare ulteriori sospetti.
Nel 1961, in un celebre discorso davanti al
Congresso, il presidente John F. Kennedy affermò che gli Stati Uniti avrebbero
dovuto "prendere l'impegno di raggiungere, prima della fine del decennio,
l'obiettivo di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo
sulla Terra". Non si trattava certo di una promessa da
poco: 8 anni sembravano un lasso di tempo troppo breve. D'altro canto, c'era un
fortissimo incentivo: l'Unione Sovietica, aveva preceduto gli Stati Uniti sia
nella messa in orbita del primo satellite che nel mandare il primo uomo nello spazio. Il "grande nemico", che puntava anch'esso a raggiungere
la Luna, andava battuto a qualsiasi costo.
In effetti questa affermazione della Nasa è
forse l’unica che corrisponde a verità, nel senso che raggiungere la Luna “ad
ogni costo” comporta anche accettare l’idea di poterlo fare solo virtualmente,
cioè con un gigantesco inganno. Certamente il cosiddetto “piano B” è stato
messo in atto dopo il tragico fallimento della missione Apollo 1 e la morte dei
tre astronauti. L’opinione pubblica appariva ostile e visti i risultati
conseguiti appariva contraria allo sperpero di altro denaro pubblico per ulteriori missioni spaziali. Una volta
compresa l’impossibilità di realizzare lo sbarco sulla Luna e vincere la sfida
con l’Unione sovietica, è stato progettato il più straordinario inganno mai
realizzato nella storia dell’umanità
utilizzando la più potente arma
di comunicazione di massa, cioè la televisione.
E'
ormai certo che nel corso dei decenni la NASA , con la scusa del
"restauro" dei negativi originali ha ritoccato e manipolato
tutte le fotografie ed i filmati degli sbarchi lunari. Lo ha fatto nel
tentativo di eliminare, nel limite del possibile, tutte le incongruenze che
erano emerse sempre più numerose e quindi per renderli più credibili. Essa ha
anche cercato di “ritoccare” le affermazioni di James van Allen sulle
cinture magnetiche che circondano la Terra, da lui scoperte e che si chiamano
oggi comunemente Fasce di van Allen. Jarrah White ha messo in
rete alcuni articoli, dello scienziato del Iowa in cui egli descriveva in
maniera impietosa gli effetti deleteri delle radiazioni nello spazio. Ecco le
sue parole testuali.
“Le
nostre misurazioni mostrano che il massimo livello di radiazioni, nel 1958,
equivale da circa 10 a 100 roentgen per ora, in dipendenza nella proporzione,
non ancora determinata, fra protoni ed elettroni. Dato che l’esposizione
continuativa di un essere umano per due giorni a soli 10 roentgen fornirebbe
solo una possibilità imprevedibile di sopravvivenza, le cinture radioattive
rappresentano un ostacolo evidente al volo spaziale. A meno che non
sia trovato un qualche modo praticabile di schermare i viaggiatori spaziali
contro gli effetti della radiazione, i razzi spaziali con equipaggio possono al
meglio decollare attraverso la zona libera da radiazioni sopra i poli.” (James
A. van Allen–Scientific American– marzo 1959). Dopo la sua morte però la
Nasa si è affrettata a divulgare precisazioni e rettifiche delle sue
dichiarazioni affermando che queste radiazioni non sarebbero state letali ma
quasi innocue per gli astronauti a bordo di astronavi. Peccato però che James van
Allen non lo abbia mai detto (dai suoi studi risulta che le fasce di van Allen
diventano letali per gli esseri viventi tra i 14.000 ed i 17.000 chilometri) e
che ormai non potrà nemmeno obiettare qualcosa. Rimane tuttavia il fatto
che la Nasa non può manipolare né ritoccare e cioè che dall'ultimo
presunto sbarco lunare del dicembre 1972 con l'Apollo 17 nessun essere vivente
al mondo è mai riuscito ad allontanarsi dalla Terra oltre l'orbita terrestre
bassa dove c'è la stazione spaziale internazionale. L'orbita terrestre bassa è
posizionata però a soli 380 chilometri dalla Terra mentre la Luna è
invece a 384.000 chilometri. La Nasa afferma che le radiazioni delle fasce di
van Allen nel 1969 non erano un problema però non spiega come mai le stesse
radiazioni oggi invece costituiscono un ostacolo insormontabile per poter mandare
in orbita la missione Orion a soli 5.000 km di distanzadalla Terra.
Se
poi si analizzano i dati ufficiali diffusi dalla NASA riguardo le radiazioni
assorbite dagli astronauti durante tutte le missioni spaziali Apollo si
evidenziano due fatti curiosi e paradossali.
Il
primo è che nelle altre missioni 12-14-15-16-17 l’astronauta dell'equipaggio
che ha assorbito più radiazioni rispetto agli altri due era proprio quello che
rimaneva nel CSM (modulo di controllo e di comando) in orbita attorno alla
Luna. Ma questo è davvero strano visto che la struttura della navicella spaziale
doveva comunque costituire una maggior schermatura
rispetto agli altri due astronauti che camminavano sulla Luna protetti solo
dalle loro tute. L'altra incongruenza è che l'equipaggio che avrebbe assorbito
il maggior numero di radiazioni risulta quello dell'Apollo 13, cioè l'unico
equipaggio a non aver mai lasciato l'orbita terrestre a causa del guasto
che l'ha costretto ad annullare avventurosamente la missione e rientrare a
Terra.
Tratto dal romanzo storico di Guido Travan “Il giorno della verità”
Youcanprint - febbraio 2017
«Eppure ci sono delle situazioni così
paradossali che dovrebbero far comprendere alla gente come sono andate
veramente le cose.»
«A cosa ti riferisci?»
«Mi riferisco ad un breve dialogo con
l’astronauta Alan Bean della missione Apollo
12. Ascoltandola potrai capire perché la NASA non vuole che gli astronauti
rilascino interviste. Questo video è ancora presente sul web ma sono certo che
presto lo faranno sparire.»
Harrison toccò un tasto e comparvero le
immagini di Buzz Aldrin, il secondo uomo che avrebbe camminato sul suolo
lunare. La voce iniziale è quella del giornalista che introduce l’intervista.
Tutte
le missioni spaziali con esseri umani a bordo, sia americane che sovietiche,
dalla prima nel 1961 fino ad oggi, si sono sempre mantenute molto al di sotto
delle fasce di radiazioni mortali di van Allen. Mercury, Gemini, Soyuz, Skylab,
Shuttle, si sono tutte mantenute a quote inferiori alle 1.000 miglia. Tutte
eccetto le missioni Apollo. Superare le fasce di van Allen, con tutti i
pericoli che comportava, deve essere stato un momento emozionante ed
indimenticabile per ogni astronauta. Ecco come ce lo racconta Alan Bean,
Moonwalker di Apollo 12.
Domanda: “Qualche disturbo a causa delle fasce di radiazione di van Allen?”
Risposta: “No, non mi sembra che siamo andati abbastanza in alto da incontrare le
fasce di van Allen. O forse sì. Non so a che distanza siano le fasce di van
Allen ma se le abbiamo raggiunte vuol dire che non era un problema. Se le
abbiamo attraversate vuol dire che abbiamo costruito l’astronave e le tute
spaziali in modo che non ci siano problemi per gli astronauti. Non si
costruisce qualcosa sperando che funzioni ma si studia per capire quali siano i
pericoli dell’ambiente e poi si decide quanto spesso debba essere il metallo
dell’astronave in modo da poter attraversare queste radiazioni o questi
meteoroidi senza subire danni. E quindi noi l’abbiamo costruita.”
Domanda: “Le fasce vanno da 1.000 a 25.000 miglia di altezza dalla Terra...”
Risposta: “Allora vuol dire che le abbiamo attraversate di sicuro...”
Domanda: “Nessuna conseguenza sulle cellule?”
Risposta: “No, non mi sono nemmeno accorto. Non penso che nessuno... forse
qualcuno ha detto che le abbiamo attraversate ma noi dentro non abbiamo sentito
niente. Non abbiamo avuto nessuna radiazione aggiuntiva. Non mi sembra che
siamo andati abbastanza in alto da incontrare le fasce di van Allen. O forse
sì.”
Harrison fermò il filmato per guardare
Sara negli occhi.
«È
incredibile vero?»
«Cristo... ma è semplicemente pazzesco!
Questa volta la NASA non può negare l’esistenza di questa intervista.»
«Vedrai che tra qualche giorno non
comparirà più su nessun sito...»
«Sono sconvolta...»
«Pensa che mio padre ha passato la sua
vita a studiare le fasce di van Allen e per quello che ne so io era giunto alla
conclusione che non fosse possibile superarle indenni a meno che l’astronave
non avesse una corazza di 2 metri di spessore. Sai che spessore aveva invece
l’interno della capsula dell’Apollo 11?»
«No, non ne ho proprio idea. »
«In alcuni punti era
separato dal vuoto circostante solo da tre millimetri! Ti rendi conto? E adesso
questo Alan Bean ci racconta di non sapere nemmeno a che altezza siano le fasce
di van Allen!»
«Magari è solo un po’... volevo dire...
insomma potrebbe avere l’Alzheimer o qualcosa di simile.»
«No, non ha
nessun sintomo di demenza senile né di altre malattie mentali. Si gode la vita,
gioca a golf, fa lunghe camminate e conduce una vita tranquilla. Proprio per
evitare situazioni imbarazzanti come queste la NASA ha “consigliato” gli
astronauti di non rilasciare più interviste. Insomma il rischio che potessero
cadere in contraddizione era molto alto anche perché all’inizio era già
successo.»
«Quando?»
«Durante la
prima intervista rilasciata subito dopo la lunga quarantena, gli astronauti
dell’Apollo 11 dichiararono di aver
assistito al sorgere e al calare della Terra ed infatti su diverse immagini scattate
sulla Luna si può notare che il pianeta Terra si trova in una posizione
diversa. Tale fatto però è del tutto impossibile visto e considerato che la
Terra si trova al centro dell’orbita lunare. Appena si resero conto dell’errore
la NASA aveva diffuso un breve comunicato di rettifica in cui precisava che le
osservazioni fatte degli astronauti non avvennero mentre erano sulla Luna bensì
durante l’orbita intorno alla Luna. Da quel giorno in poi la concessione delle
rare interviste venne subordinata al fatto di poter conoscere per iscritto e
con largo anticipo tutte le domande che sarebbero state rivolte agli
astronauti.»
Tra
poco più di un mese verrà presentato il film americano “Il primo uomo” e con
tempismo perfetto segnerà l’inizio di una martellante campagna pubblicitaria in
vista del grande appuntamento del 50° anniversario del primo (falso) sbarco
sulla Luna del 20 luglio 1969.
Non
è certo una novità che una bugia ripetuta mille volte possa diventare
nell’immaginario collettivouna mezza
verità e quindi non c’è da meravigliarsi che a distanza di tanto tempo
l’America abbia deciso di celebrare tale anniversario con un film per esaltare
le gesta eroiche della conquista dello spazio. Il trailer è già disponibile in
rete e quindiseguirà il copione già
visto per Apollo 13 perché funziona a meraviglia.
Bisognerebbe
riflettere sul paradosso che venga realizzato un film, cioè una finzione,per raccontare un’altra
finzione, cioè la presunta e mai dimostrata missione Apollo 11.
E’
inutile stare a girarci troppo attorno perché ormai è risaputo che a quasi
mezzo secolo di distanza ancora nessuno
è in grado di dimostrare con assoluta certezza che tale missione sia realmente
accaduta. Fino ad ora tuttavia la difesa principale della versione ufficiale della Nasa
era che nessuno potesse dimostrare l’incontrario nonostante gli indizi di
colpevolezza siano talmente numerosi da insinuare nell’opinione pubblica un dubbio più che legittimo. Questa fase di stallo sembrava destinata a durare ancora per
molto tempo visto che dall’ultima (anch’essa
presunta) missione Apollo 17 del
dicembre 1972 nessun equipaggio al mondo era più ritornato sulla Luna. Non solo, ma nessun equipaggio al
mondo si era più allontanato dalla Terra oltre i 643 km raggiunti con le
missioni Shuttle mentre la stazione spaziale internazionale ISS rimane in orbita bassa
a soli 380 km dalla Terra, cioè una vera inezia considerato che la Luna è distante ben 400.000
km. Si deve poi tener presente che fin dal 2004 la Nasa ha avviato il progetto
della missione spaziale Orion che
avrebbe dovuto portare quattro astronauti in orbita media a 5.000 km dalla
Terra entro il 2010 ma tale missione è stata più volte rinviata (ora si parla del 2021) perché ancora nessuno è in grado di trovare
una schermatura idonea a garantire l’incolumità degli astronauti contro le
micidiali radiazioni cosmiche presenti nelle fasce di Van Allen. Basterebbe solo
questo per sentire odore di imbroglio, visto e considerato che chiunque decide
di andare sulla Luna deve per forza di cose attraversare le fasce di van Allen. La domanda quindi appare del tutto lecita: come hanno fatto nel 1969 gli astronauti americani ad attraversare incolumi
quelle stesse identiche fasce visto che ancora oggi nessuno è in grado di farlo nonostante
una tecnologia straordinariamente più
avanzata?
Tutti noi sappiamo quanto sia estremamente difficile riuscire a sradicare delle convinzioni ormai sedimentate
nella nostra memoria personale soprattutto quando fanno parte della memoria collettiva basata su filmati televisivi visti in diretta. Sono
ancora troppo pochi quelli che hanno il tempo, la curiosità, l’intelligenza e
la pazienza di approfondire e di documentarsi, di porsi delle domande, di
mettere in dubbio la verità ufficiale e trovare delle risposte alternative. Per
ognuno di noi appare decisamente molto più comodo
continuare a credere in tutto ciò a cui si è sempre creduto come fosse una
specie di dogma religioso. E’ perfino troppo facile trovare rassicurazioni
nelle solite frasi che si leggono sui giornali, frasi tipo : Se i russi
avessero sospettato qualcosa lo avrebbero detto no? Oppure : Ci sono le immagini televisive in diretta,
cosa vuoi di più?E le rocce lunari? E i riflettori per la
misurazione laser?
Insomma
chi mette in dubbio la versione ufficiale della storia in genere viene deriso e
denigrato, viene definito complottista o con altri termini molto più
dispregiativi come se fosse un ingenuo credulone disposto ad assimilare ad ogni
tipo di possibile cospirazione.
Riguardo il gigantesco inganno dello sbarco sulla Luna qualcosa di importante è accaduto grazie a Massimo Mazzucco, un giornalista e ricercatore che da anni analizza
meticolosamente tutte le immagini ed i filmati
originali della Nasa per poter dimostrare una volta per tutte la falsità delle missioni spaziali Apollo. La sua ultima fatica rappresenta la sintesi
di tutte le sue appassionate ricerche ed è un documentario di tre ore e mezzo
in cui spiega tutte le incongruenze e
le assurdità dei filmati.
Il
filmato che ho postato è una parte molto importante di questo documentario perché dimostra, senza
possibilità di errori, che la bandiera americana ha continuato a muoversi anche
dopo che i due astronauti erano risaliti a bordo dell’Apollo 14.
In
gergo processuale americano questa potrebbe definirsi come la regina di tutte le
prove di colpevolezza, ossia la cosiddetta “pistola fumante”. La Nasa come sempre rimane in silenzio mentre Paolo Attivissimo, noto debunker filo-governativo, non è riuscito a
fornire una spiegazione plausibile e ancora una volta si è limitato ad
arrampicarsi sugli specchi con risultati patetici. D’altra parte che altro poteva fare di fronte a
tali evidenze?