martedì 7 giugno 2016

QUEL GIORNO SULLA LUNA




Il successo della missione Apollo 11 è stato raccontato dalla celebre giornalista Oriana Fallaci nel libro  Quel Giorno sulla Luna  (pubblicato da Rizzoli nel 1970).
Come inviata dell’Europeo, la giornalista italiana ha realizzato numerosi reportage intervistando astronauti e scienziati  della NASA durante la preparazione della più grande missione spaziale di tutti i tempi.
Ebbene, a distanza di quasi  cinquant’anni, fa un certo effetto rileggere alcune pagine di quel libro perché, nella loro ingenua innocenza, anticipano di parecchi anni tutti i dubbi ed i sospetti riguardo l'autenticità dello sbarco sulla Luna.
Per descrivere i due astronauti destinati a camminare sul suolo lunare si esprime così:

"Erano due uomini che nessuno aveva scelto perché migliori degli altri e il loro unico merito consisteva nell’essere bravi piloti, ma non migliori di altri. Umanamente non valevano granché. Privi di fantasia e di umiltà, prima della partenza si erano mostrati arroganti, durante il volo non si erano resi simpatici: mai una frase dettata dal cuore, un motto scherzoso, un’osservazione geniale. Avevano visto la Terra che si allontanava centinaia di migliaia di miglia e tal privilegio s’era risolto in un’arida lezione di geografia: «Vedo a destra la penisola dello Yucatán, a sinistra la Florida…».
Qualcuno li aveva definiti “unmanned crew”, equipaggio senz’uomo, il termine che si usa per le astronavi che non hanno persone a bordo, insomma dei piloti automatici. Amareggiato e deluso dal loro silenzio, li perdonavi solo sapendo che avevano paura, ma neanche ciò bastava ad amarli mentre l’ora si avvicinava. Nel distintivo della Nasa fatto disegnare dai tre astronauti si vedeva un’aquila che scende con le ali spiegate e gli artigli spalancati fra i crateri della Luna. Osservandolo, alcuni avevano ricordato che l’impegno di sbarcare sulla Luna entro il 1970 era stato assunto da John Fitzgerald Kennedy dopo la crisi di Cuba, anzi dopo la Baia dei Porci, per scopi strettamente politici. C’era bisogno di una grossa impresa che restituisse prestigio e rispetto agli Stati Uniti e la Luna era apparsa la soluzione più facile e più clamorosa. Lo stesso Lyndon Johnson aveva confermato ciò in una trasmissione televisiva."

Appare significativo come la Fallaci avesse notato con un certo sgomento l’assoluta incapacità di Nei Armstrong di lasciar trapelare alcuna emozione nel momento in cui l’Apollo 11 aveva toccata il suolo lunare. Ecco qui di seguito le sue impressioni.

“Ci volle un bel po’ perché si ricomponessero, ci ricomponessimo, e ripensassimo alla voce con cui Armstrong aveva detto «l’Aquila è atterrata». Una voce soffice, tranquilla, priva di qualsiasi emozione.”
La Fallaci si sofferma a descrivere il comportamento di Neil Armstrong subito dopo che ebbe posato i piedi sulla Luna. Le sue prime parole sulla Luna furono queste:

«Sono ai piedi della scaletta, I am at the foot of the ladder… i piedi del Lem sono affondati nella superficie per circa uno, due pollici… la superficie tuttavia appare molto, molto granulosa quando ti avvicini. È come polvere. Fine, molto fine. Ora esco dal piattello del Lem».

È questo che disse. La frase su cui fecero i titoli la disse dopo. La frase che tutti avevano tentato di indovinare, cosa dirà Neil al momento di fare il primo passo sopra la Luna, dirà fantastico, dirà perbacco ragazzi, e lo avevano tormentato tanto, povero Armstrong, lo avevano esasperato al punto che per non deludere l’attesa lui ci aveva pensato, alla frase, e l’aveva trovata, e l’aveva confidata a una sola persona: sua madre. L’ha raccontato lei stessa: 
«Venne a domandarmi cosa ne pensavo, sembrava così preoccupato, e io gli dissi che mi sembrava un bel discorso. Allora mi fece giurare che non l’avrei detto a nessuno».
Non era un gran bel discorso, ammettiamolo. Era una frase retorica, e suonava un pochino falsa, un pochino buffa, dentro il suo gergo tecnico da pilota. Oh, quasi ne fosse cosciente, Armstrong la pronunciò molto in fretta, in un sussurro carico di imbarazzo: «That’s one small step for man, one giant leap for mankind. Questo è un piccolo passo per l’uomo, è un salto gigantesco per l’umanità».


Alla luce dei giorni nostri ancor più significativo appare oggi il dialogo tra i due astronauti riportato da Oriana Fallaci.

«A giudicare di qui, sembrano belli anche i sassi. Neil», disse Aldrin.
«Questo posto ha una sua bellezza, Buzz. Assomiglia molto al deserto degli Stati Uniti. È deserto, sì, ma è molto bello.»

Il riferimento al deserto degli Stati Uniti appare quanto mai beffardo, come se Armstrong avesse lasciato volutamente una specie di indizio. Oriana Fallaci tuttavia sottolinea anche alcuni aspetti che la stampa di allora cercava di minimizzare per non offuscare la grandezza di quella storica impresa.

“Qualcuno osservò, finalmente, quanto è umiliante pensare che quei due uomini scelti a rappresentare tutti gli uomini erano stati volontari in Corea, dove avevano gettato quintali di bombe, di napalm, su villaggi indifesi. Qualcuno osservò, umilmente, che in quel momento, proprio in quel momento, centinaia di creature stavano morendo in Vietnam; uccise dagli uomini che son tanto bravi, tanto intelligenti, tanto coraggiosi, sanno andare sulla Luna e sbarcarci e camminarci, poi sulla Terra si ammazzano come le bestie.”
Poi ci sono alcuni passi del libro che risultano particolarmente interessanti alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, in particolare riguardo l’impossibilità della polvere lunare di aderire sulle superfici per l’assenza di umidità. Ecco il testo del libro:

“Aldrin: «Il colore blu delle mie scarpe è completamente scomparso sotto questo colore del suolo che gli si è appiccicato. E che non saprei come descrivere. Diciamo un marrone cenere. Copre gran parte delle mie scarpe di piccolissime particelle. La superficie è fine e polverosa, posso sollevarla con la punta delle mie scarpe: aderisce alla suola e ai lati delle mie scarpe in strati simili a polvere di carbone. Affondo solo in una piccola frazione di pollice, forse l’ottava parte di un pollice. Ma posso vedere le impronte delle mie scarpe e i miei passi sopra la sabbia ».

Anche il dialogo relativo alle stelle appare quanto mai interessante:

“Armstrong: «Chiuso. Dai finestrini non abbiamo potuto vedere le stelle, avevamo la visiera dell’elmetto calata. Ora Buzz tenta di vederle con le lenti ottiche, io sto guardando la Terra. È grande e lucente e bella».

Eppure sulla Luna le stelle dovevano apparire luminosissime, uno spettacolo straordinario da far restare senza parole per la meraviglia. Invece Buzz tenta di vederle con le lenti ottiche?
Anche se Oriana Fallaci è stata una delle più grandi giornaliste del secolo scorso è stata ingannata come tutti e si è lasciata trasportare dal comprensibile entusiasmo per la più grande missione spaziale di tutti i tempi. Eppure qualcosa aveva intuito e il suo sesto senso aveva  percepito prima di tutti alcune note stonate nel comportamento e nelle parole degli astronauti. Rileggendo ora le sue parole a distanza di tanti anni fa quasi tenerezza perché anche lei, come tutti noi, è stata coinvolta e ingannata diventando una  vittima inconsapevole della grande menzogna americana.



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