Il successo della
missione Apollo 11 è stato raccontato dalla celebre giornalista Oriana Fallaci
nel libro Quel Giorno sulla Luna (pubblicato da Rizzoli nel 1970).
Come inviata
dell’Europeo, la giornalista italiana ha realizzato numerosi reportage
intervistando astronauti e scienziati della NASA durante la preparazione
della più grande missione spaziale di tutti i tempi.
Ebbene, a distanza di
quasi cinquant’anni, fa un certo effetto rileggere alcune pagine di
quel libro perché, nella loro ingenua innocenza, anticipano di parecchi anni tutti i dubbi ed i sospetti riguardo l'autenticità dello sbarco sulla Luna.
Per descrivere i due
astronauti destinati a camminare sul suolo lunare si esprime così:
"Erano due uomini che nessuno aveva scelto perché migliori degli altri e il loro unico merito consisteva nell’essere bravi piloti, ma non migliori di altri. Umanamente non valevano granché. Privi di fantasia e di umiltà, prima della partenza si erano mostrati arroganti, durante il volo non si erano resi simpatici: mai una frase dettata dal cuore, un motto scherzoso, un’osservazione geniale. Avevano visto la Terra che si allontanava centinaia di migliaia di miglia e tal privilegio s’era risolto in un’arida lezione di geografia: «Vedo a destra la penisola dello Yucatán, a sinistra la Florida…».
Qualcuno li aveva
definiti “unmanned crew”, equipaggio senz’uomo, il termine che si usa per le
astronavi che non hanno persone a bordo, insomma dei piloti automatici. Amareggiato e deluso dal loro
silenzio, li perdonavi solo sapendo che avevano paura, ma neanche ciò bastava
ad amarli mentre l’ora si avvicinava. Nel distintivo della Nasa fatto disegnare dai
tre astronauti si vedeva un’aquila che scende con le ali spiegate e gli artigli spalancati
fra i crateri della Luna. Osservandolo, alcuni avevano ricordato che l’impegno
di sbarcare sulla Luna entro il 1970 era stato assunto da John Fitzgerald
Kennedy dopo la crisi di Cuba, anzi dopo la Baia dei Porci, per scopi
strettamente politici. C’era bisogno di una grossa impresa che restituisse
prestigio e rispetto agli Stati Uniti e la Luna era apparsa la soluzione più
facile e più clamorosa. Lo stesso Lyndon Johnson aveva confermato ciò in una
trasmissione televisiva."
Appare significativo come
la Fallaci avesse notato con un certo sgomento l’assoluta incapacità di Nei
Armstrong di lasciar trapelare alcuna emozione nel momento in cui l’Apollo 11 aveva
toccata il suolo lunare. Ecco qui di seguito le sue impressioni.
“Ci volle un bel po’
perché si ricomponessero, ci ricomponessimo, e ripensassimo alla voce con cui
Armstrong aveva detto «l’Aquila è atterrata». Una voce soffice, tranquilla,
priva di qualsiasi emozione.”
La Fallaci si sofferma a
descrivere il comportamento di Neil Armstrong subito dopo che ebbe posato i
piedi sulla Luna. Le sue prime parole sulla Luna furono queste:
«Sono ai piedi della scaletta, I am at the foot of the ladder… i piedi del Lem sono affondati nella superficie per circa uno, due pollici… la superficie tuttavia appare molto, molto granulosa quando ti avvicini. È come polvere. Fine, molto fine. Ora esco dal piattello del Lem».
È questo che disse. La
frase su cui fecero i titoli la disse dopo. La frase che tutti avevano tentato
di indovinare, cosa dirà Neil al momento di fare il primo passo sopra la Luna,
dirà fantastico, dirà perbacco ragazzi, e lo avevano tormentato tanto, povero
Armstrong, lo avevano esasperato al punto che per non deludere l’attesa lui ci
aveva pensato, alla frase, e l’aveva trovata, e l’aveva confidata a una sola
persona: sua madre. L’ha raccontato lei stessa:
«Venne a domandarmi cosa
ne pensavo, sembrava così preoccupato, e io gli dissi che mi sembrava un bel
discorso. Allora mi fece giurare che non l’avrei detto a nessuno».
Non era un gran bel
discorso, ammettiamolo. Era una frase retorica, e suonava un pochino falsa, un
pochino buffa, dentro il suo gergo tecnico da pilota. Oh, quasi ne fosse
cosciente, Armstrong la pronunciò molto in fretta, in un sussurro carico di
imbarazzo: «That’s one small step for man, one giant leap for mankind. Questo è
un piccolo passo per l’uomo, è un salto gigantesco per l’umanità».
Alla luce dei giorni nostri ancor più significativo appare oggi il dialogo tra i due astronauti riportato da Oriana Fallaci.
«A giudicare di qui, sembrano belli anche i sassi. Neil», disse Aldrin.
«Questo posto ha una sua
bellezza, Buzz. Assomiglia molto al deserto degli Stati Uniti. È deserto, sì,
ma è molto bello.»
Il riferimento al deserto
degli Stati Uniti appare quanto mai beffardo, come se Armstrong avesse lasciato
volutamente una specie di indizio. Oriana Fallaci tuttavia sottolinea anche
alcuni aspetti che la stampa di allora cercava di minimizzare per non offuscare
la grandezza di quella storica impresa.
“Qualcuno osservò,
finalmente, quanto è umiliante pensare che quei due uomini scelti a
rappresentare tutti gli uomini erano stati volontari in Corea, dove avevano
gettato quintali di bombe, di napalm, su villaggi indifesi. Qualcuno osservò,
umilmente, che in quel momento, proprio in quel momento, centinaia di creature
stavano morendo in Vietnam; uccise dagli uomini che son tanto bravi, tanto
intelligenti, tanto coraggiosi, sanno andare sulla Luna e sbarcarci e
camminarci, poi sulla Terra si ammazzano come le bestie.”
Poi ci sono alcuni passi
del libro che risultano particolarmente interessanti alla luce delle attuali
conoscenze scientifiche, in particolare riguardo l’impossibilità della polvere
lunare di aderire sulle superfici per l’assenza di umidità. Ecco il testo del
libro:
“Aldrin: «Il colore blu
delle mie scarpe è completamente scomparso sotto questo colore del suolo che
gli si è appiccicato. E che non saprei come descrivere. Diciamo un marrone
cenere. Copre gran parte delle mie scarpe di piccolissime particelle. La
superficie è fine e polverosa, posso sollevarla con la punta delle mie scarpe:
aderisce alla suola e ai lati delle mie scarpe in strati simili a polvere di
carbone. Affondo solo in una piccola frazione di pollice, forse l’ottava parte
di un pollice. Ma posso vedere le impronte delle mie scarpe e i miei passi
sopra la sabbia ».”
Anche il dialogo relativo
alle stelle appare quanto mai interessante:
“Armstrong: «Chiuso. Dai
finestrini non abbiamo potuto vedere le stelle, avevamo la visiera dell’elmetto
calata. Ora Buzz tenta di vederle con le lenti ottiche, io sto guardando la
Terra. È grande e lucente e bella».”
Eppure sulla Luna le
stelle dovevano apparire luminosissime, uno spettacolo straordinario da far
restare senza parole per la meraviglia. Invece Buzz tenta di vederle con le
lenti ottiche?
Anche se Oriana Fallaci è
stata una delle più grandi giornaliste del secolo scorso è stata ingannata come
tutti e si è lasciata trasportare dal comprensibile entusiasmo per la più
grande missione spaziale di tutti i tempi. Eppure qualcosa aveva intuito e il
suo sesto senso aveva percepito prima di tutti alcune note
stonate nel comportamento e nelle parole degli astronauti. Rileggendo ora le sue parole a
distanza di tanti anni fa quasi tenerezza perché anche lei, come tutti noi, è stata coinvolta e ingannata diventando una vittima inconsapevole
della grande menzogna americana.
Il romanzo è disponibile in formato digitale su:
Il romanzo è disponibile in formato cartaceo su
Nessun commento:
Posta un commento