martedì 7 agosto 2018

A PROPOSITO DELLE ROCCE LUNARI



Tratto dal romanzo di Guido Travan
IL GIORNO DELLA VERITÀ

Youcanprint – febbraio 2017

«Quello che ti sto raccontando è solo la punta dell’iceberg, perché ci sono tante altre cose che ancora non ti ho detto...»
«Ma a parte i filmati ci sono anche altre innumerevoli prove. Ci sono i reperti lunari ad esempio. L’Apollo 11 ha riportato sulla Terra quasi 22 chilogrammi di rocce che poi sono state analizzate da diversi laboratori scientifici stranieri. Tutti hanno concordato che non esiste nulla di simile sulla Terra...»
«Mi aspettavo questa obiezione. È vero, questo è senz’altro uno degli argomenti di maggior peso a favore della dimostrazione dell’allunaggio. I frammenti di queste rocce furono analizzate da scienziati di tutto il mondo e si riteneva che contenessero minerali ed isotopi fino ad allora sconosciuti sulla Terra. Questo bastava a mettere a tacere ogni possibile dubbio. Qualcuno infatti avrebbe potuto azzardare il sospetto che quei reperti non fossero altro che meteoriti precipitate sulla Terra oppure che fossero stati raccolti da sonde automatiche come era avvenuto in precedenza con la sonda sovietica Luna 16. Ma queste erano ipotesi facilmente contestabili perché i meteoriti presentano delle bruciature nello strato superiore a causa dell’alta temperatura a cui sono soggetti quando entrano a contatto con l’atmosfera celeste. Le sonde automatiche invece erano in grado di riportare solo quantità minime di frammenti e quindi era da escluderlo a priori. Rimanevano quindi solo due ipotesi alternative alla validità dei reperti. La prima riteneva che le presunte rocce lunari fossero state fabbricate artificialmente sulla Terra in laboratori segreti grazie ai dati ottenuti con le sonde Surveyor. La seconda invece sosteneva la possibilità che le rocce fossero del tutto simili a quelle ritrovate in Antartide e compatibili con quelle particolarissime condizioni geologiche e atmosferiche.»
«E tu cosa ne pensi?»
«Io mi baso solo sui fatti ed in questo senso ci sono state recentemente delle novità molto importanti, anzi direi proprio sensazionali. I ricercatori dell’Eidgenössische Technische Hochschule Zürich hanno infatti analizzato nuovamente i trentuno campioni di suolo lunare provenienti da cinque zone diverse della Luna e riportati sulla Terra da altrettante missioni Apollo. La misurazione è stata fatta usando una tecnica di fluorinazione mediante laser, messa a punto proprio negli ultimi anni, con cui è stato misurato il contenuto degli isotopi 16, 17 e 18 dell’ossigeno. In realtà, queste misure erano già state eseguite molto tempo fa, ma la precisione della nuova tecnica ha convinto i ricercatori a ripeterle.»
«Che cosa hanno scoperto di così importante?»
«In passato si era già visto che le composizioni isotopiche della Terra e della Luna erano piuttosto simili ma gli ultimi studi hanno evidenziato qualcosa di più sconcertante.»
«Sarebbe a dire?»
«Per farla breve i ricercatori dell’Eidgenössische Technische Hochschule Zürich hanno dimostrato senza ombra di dubbio che la composizione isotopica dell’ossigeno terrestre e di quello lunare sono esattamente identiche. Questo fatto ha destato un certo scompiglio anche nell’ambiente scientifico e molte certezze hanno iniziato a vacillare. Tutti avevano sempre dato molta importanza alle rocce che gli astronauti avrebbero portato dalla Luna, ma improvvisamente era venuto a mancare il principale elemento a sostegno della loro autenticità. Non possedendo un metro di paragone, queste rocce potevano provenire da qualsiasi altra parte del nostro pianeta anche perché, guarda caso, i laboratori che le avevano analizzate erano anche gli stessi che inizialmente avevano avanzato delle ipotesi sulle caratteristiche che dovevano possedere le rocce lunari.»
Sara non sapeva più cosa dire e rimase a guardarlo in silenzio.
«Non è finita qui... mi sono ricordato che tempo fa avevo già fatto una ricerca in questo campo e sai che cosa avevo scoperto?»
Era ovviamente una domanda retorica e quella pausa non faceva che aumentare la sua curiosità. Harrison frugò all’interno del suo fascicolo finché non trovò una fotografia in bianco e nero.


«Eccola qui. Questa immagine è stata scattata nel lontano gennaio del 1967 nei pressi di Allan Hills in Antartide. Contrariamente alle notizie allora diffuse quella di Wernher von Braun non era stata una pausa di lavoro per motivi personali e lui era accompagnato dal fotografo della NASA oltre che da uno staff tecnico di prim’ordine. Alla sua destra sono riconoscibili Maxime Faget e Robert Gilruth assieme al suo fidato Ernst Stühlinger, tutti e tre ingegneri ed esperti missilistici della NASA Task Group che in quel periodo stava lavorando al misterioso Project Deep Freeze
«Non ne ho mai sentito parlare. Che cos’è?»
«Il progetto riguardava la possibilità di recupero dei meteoriti caduti in Antartide. A quei tempi la maggior parte dei ricercatori non credeva che un frammento si potesse scheggiare da un grosso corpo planetario e precipitare sulla Terra in forma di meteorite. Nel gennaio 1981, in piena estate antartica, questa convinzione si rivelò errata ed un meteorite venne effettivamente ritrovato proprio nei pressi di Allan Hills. Dalle analisi eseguite non c’erano dubbi che provenisse dalla Luna perché gli studi dei campioni prelevati durante le missioni Apollo hanno rivelato uno spettro distinto e limitato di litologie. In sostanza il campione prelevato in Antartide era la copia esatta dei campioni che erano stati prelevati sulla Luna. Fantastico vero?»
«Non ci posso credere!»
«Eppure è così. Fino ad oggi nel mondo sono stati raccolti oltre centoventi meteoriti lunari che appartengono a sessanta diversi eventi meteorici, ma la maggior parte di questi sono stati scoperti da ricercatori americani.»


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