Tratto
dal romanzo di Guido Travan
IL
GIORNO DELLA VERITÀ
Youcanprint
– febbraio 2017
«Quello che ti sto raccontando è solo la punta
dell’iceberg, perché ci sono tante altre cose che ancora non ti ho detto...»
«Ma a parte i filmati ci sono anche altre innumerevoli
prove. Ci sono i reperti lunari ad esempio. L’Apollo 11 ha riportato sulla Terra quasi 22 chilogrammi di rocce
che poi sono state analizzate da diversi laboratori scientifici stranieri.
Tutti hanno concordato che non esiste nulla di simile sulla Terra...»
«Mi aspettavo questa obiezione. È vero, questo è senz’altro uno degli argomenti di maggior
peso a favore della dimostrazione dell’allunaggio. I frammenti di queste rocce furono
analizzate da scienziati di tutto il mondo e si riteneva che contenessero minerali
ed isotopi fino ad allora sconosciuti sulla Terra. Questo bastava a mettere a
tacere ogni possibile dubbio. Qualcuno infatti avrebbe potuto azzardare il
sospetto che quei reperti non fossero altro che meteoriti precipitate sulla
Terra oppure che fossero stati raccolti da sonde automatiche come era avvenuto
in precedenza con la sonda sovietica Luna
16. Ma queste erano ipotesi facilmente contestabili perché i meteoriti
presentano delle bruciature nello strato superiore a causa dell’alta
temperatura a cui sono soggetti quando entrano a contatto con l’atmosfera
celeste. Le sonde automatiche invece erano in grado di riportare solo quantità
minime di frammenti e quindi era da escluderlo a priori. Rimanevano quindi solo
due ipotesi alternative alla validità dei reperti. La prima riteneva che le
presunte rocce lunari fossero state fabbricate artificialmente sulla Terra in
laboratori segreti grazie ai dati ottenuti con le sonde Surveyor. La seconda invece sosteneva la possibilità che le rocce
fossero del tutto simili a quelle ritrovate in Antartide e compatibili con
quelle particolarissime condizioni geologiche e atmosferiche.»
«E tu cosa ne pensi?»
«Io mi baso solo sui fatti ed in questo senso ci sono
state recentemente delle novità molto importanti, anzi direi proprio
sensazionali. I ricercatori dell’Eidgenössische
Technische Hochschule Zürich hanno infatti analizzato nuovamente i trentuno
campioni di suolo lunare provenienti da cinque zone diverse della Luna e
riportati sulla Terra da altrettante missioni Apollo. La misurazione è stata fatta usando una tecnica di
fluorinazione mediante laser, messa a punto proprio negli ultimi anni, con cui è
stato misurato il contenuto degli isotopi 16, 17 e 18 dell’ossigeno. In realtà,
queste misure erano già state eseguite molto tempo fa, ma la precisione della
nuova tecnica ha convinto i ricercatori a ripeterle.»
«Che cosa hanno scoperto di così importante?»
«In passato si era già visto che le composizioni
isotopiche della Terra e della Luna erano piuttosto simili ma gli ultimi studi
hanno evidenziato qualcosa di più sconcertante.»
«Sarebbe a dire?»
«Per farla breve i ricercatori dell’Eidgenössische Technische Hochschule Zürich hanno dimostrato senza
ombra di dubbio che la composizione isotopica dell’ossigeno terrestre e di quello
lunare sono esattamente identiche. Questo fatto ha destato un certo scompiglio
anche nell’ambiente scientifico e molte certezze hanno iniziato a vacillare.
Tutti avevano sempre dato molta importanza alle rocce che gli astronauti
avrebbero portato dalla Luna, ma improvvisamente era venuto a mancare il
principale elemento a sostegno della loro autenticità. Non possedendo un metro
di paragone, queste rocce potevano provenire da qualsiasi altra parte del
nostro pianeta anche perché, guarda caso, i laboratori che le avevano
analizzate erano anche gli stessi che inizialmente avevano avanzato delle
ipotesi sulle caratteristiche che dovevano possedere le rocce lunari.»
Sara non sapeva più cosa dire e rimase a guardarlo in
silenzio.
«Non è finita qui... mi sono ricordato
che tempo fa avevo già fatto una ricerca in questo campo e sai che cosa avevo
scoperto?»
Era ovviamente una domanda retorica e quella pausa non
faceva che aumentare la sua curiosità. Harrison frugò all’interno del suo
fascicolo finché non trovò una fotografia in bianco e nero.
«Eccola qui. Questa immagine è stata scattata nel lontano
gennaio del 1967 nei pressi di Allan Hills in Antartide. Contrariamente alle
notizie allora diffuse quella di Wernher von Braun non era stata una pausa di
lavoro per motivi personali e lui era accompagnato dal fotografo della NASA
oltre che da uno staff tecnico di prim’ordine. Alla sua destra sono
riconoscibili Maxime Faget e Robert Gilruth assieme al suo fidato Ernst Stühlinger, tutti e tre ingegneri ed
esperti missilistici della NASA Task
Group che in quel periodo stava lavorando al misterioso Project Deep Freeze.»
«Non ne ho mai sentito parlare. Che cos’è?»
«Il progetto riguardava la possibilità di recupero dei
meteoriti caduti in Antartide. A quei tempi la maggior parte dei ricercatori
non credeva che un frammento si potesse scheggiare da un grosso corpo
planetario e precipitare sulla Terra in forma di meteorite. Nel gennaio 1981,
in piena estate antartica, questa convinzione si rivelò errata ed un meteorite
venne effettivamente ritrovato proprio nei pressi di Allan Hills. Dalle analisi
eseguite non c’erano dubbi che provenisse dalla Luna perché gli studi dei
campioni prelevati durante le missioni Apollo
hanno rivelato uno spettro distinto e limitato di litologie. In sostanza il
campione prelevato in Antartide era la copia esatta dei campioni che erano stati
prelevati sulla Luna. Fantastico vero?»
«Non ci posso credere!»
«Eppure è così. Fino ad oggi nel mondo sono stati raccolti
oltre centoventi meteoriti lunari che appartengono a sessanta diversi eventi
meteorici, ma la maggior parte di questi sono stati scoperti da ricercatori
americani.»
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