mercoledì 27 aprile 2016

UNA STORIA TENUTA NASCOSTA (1)


Secondo ciò che la NASA ci ha raccontato tramite i suoi filmati e le sue immagini, dopo ogni missione sulla Luna le “capsule Apollo” con gli astronauti a bordo rientravano sulla Terra ammarando nell’Oceano Pacifico. Una delle cose che consentivano alle capsule di non bruciare al rientro nell’atmosfera terrestre erano gli strati di “protezione termica” di cui ogni capsula era dotata. Non molti conoscono però la storia che qui si va a raccontare: nel 1970, una capsula priva di astronauti e senza la minima protezione termica fu recuperata da marinai sovietici nelle acque atlantiche del Golfo di Biscaglia. La vicenda – rimasta sconosciuta per quasi 40 anni al pubblico occidentale – è stata raccontata e documentata in questo articolo da Mark Wade, direttore e fondatore della Encyclopedia Astronautica. La storia venne alla luce qualche anno fa, quando Nandor Schuminszky, un ungherese appassionato di storia dei viaggi spaziali, contattò Wade inviandogli una stupefacente fotografia, reperita in un giornale ungherese del 1970, la cui didascalia recitava: “Murmansk (porto sovietico): una capsula Apollo viene consegnata ad alcuni delegati americani. La capsula è stata recuperata da alcuni pescatori sovietici nel Golfo di Biscaglia. Foto: Agenzia di stampa ungherese. Data: 8 settembre 1970”.
Nel suo articolo, Wade racconta come, incuriosito da questa vicenda, avesse poi contattato Schuminszky  per saperne di più, essendo la vicenda del tutto ignota ai registri della NASA e ai media occidentali. Secondo il giornale ungherese, la capsula sarebbe stata recuperata da un peschereccio sovietico e poi consegnata agli americani, in gran pompa e alla presenza di numerosi giornalisti, l’8 settembre 1970. La consegna avvenne nel porto sovietico di Murmansk, sul Golfo di Kola. Subito dopo la capsula recuperata venne caricata sulla “Southwind”, una nave della Guardia Costiera statunitense, per essere riportata in patria.
Stando a quanto riporta il sito russo novosti-kosmonavtiki, gli esperti che poterono esaminare la capsula dichiararono: “Si trattava di un modello in spesso acciaio galvanizzato, costruito molto accuratamente e privo di segni di corrosione. Il peso, le dimensioni e la configurazione del modulo di comando erano quelle delle capsule Apollo. Con l’eccezione di un faro luminoso di ricerca […] e del fatto che gli scudi termici non erano presenti. Tutto era molto semplificato”. Gli americani chiamavano boilerplates queste “finte capsule” da esercitazione e le utilizzavano di frequente. Ad esempio la capsula BP-1204 (BP sta appunto per “Boiler Plate”) venne utilizzata per esercitazioni a Rota (Spagna), la  BP-1205 a Yokosuka (Giappone), la BP-1223 nelle Isole Azzorre, e così via. Fino ad oggi tuttavia, nulla vi era di registrato riguardo al Boilerplate BP-1227, cioè la capsula recuperata dai sovietici nel Golfo di Biscaglia e poi riconsegnata agli americani nel porto di Murmansk alla quale si riferisce questa documentazione. Per ovvie ragioni, il pubblico sovietico non venne mai informato con ampiezza di dettagli sul programma spaziale americano. Lo stesso articolo di “novosti-kosmonavtiki” scrive: “La storia ufficiale ,ma anche quella non ufficiale, del programma Apollo è rimasta poco conosciuta in Unione Sovietica fino a tempi molto recenti”. L’unica eccezione è appunto l’episodio di Murmansk, che venne a suo tempo ampiamente pubblicizzato dalla stampa ungherese. Ma non dai media occidentali, che rimasero stranamente silenziosi. Silenziose sui fatti di Murmansk rimasero anche le riviste scientifiche russe, solitamente abituate a presentare con ricchezza di dettagli ogni minimo aspetto del programma spaziale sovietico, come anche le alte autorità preposte a tale programma. La vicenda fu poi dimenticata fino a pochi anni fa, quando l’acribia di Nandor Schuminszky la riconsegnò agli onori della cronaca. Da questa vicenda è possibile trarre alcune conclusioni:

1) Risulta a questo punto evidente l’esistenza di un accordo tra le autorità sovietiche e quelle americane riguardo al programma Apollo. I sostenitori dell’autenticità delle missioni lunari sostengono spesso che, se tali missioni fossero state una messinscena, i sovietici avrebbero certo colto l’occasione per denunciare la truffa al mondo intero. Questa argomentazione, oltre a rivelare una concezione incredibilmente puerile dei rapporti geopolitici e diplomatici tra le superpotenze, è a questo punto smentita anche dai fatti. I russi non solo non ostacolarono il programma spaziale americano, ma lo favorirono, tacendo, se del caso, su alcune vicende, come quella di Murmansk, che per gli Stati Uniti sarebbero state oltremodo imbarazzanti.
2) Il fatto che la vicenda fosse imbarazzante per gli USA è confermato dal fatto che né i media americani né quelli di altri paesi del blocco occidentale fecero la minima menzione dell’accaduto.
3)  E’ assai probabile che l’imbarazzo degli USA avesse molto a che fare con la fallita missione dell’Apollo 13, che fu l’unica missione Apollo ad essere lanciata nel 1970.
Ma quali possono essere le attinenze tra la missione dell’Apollo 13 e quanto avvenuto tra il Golfo di Biscaglia e il porto di Murmansk? 



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