sabato 17 giugno 2017

DIALOGANDO CON UN DEBUNKER



Ancora oggi la maggioranza della popolazione mondiale è convinta che si possa andare sulla Luna con un ammasso informe di cartone, scotch e domopak, una tutina refrigerata non si sa come e dopo scii  tipo moon boot. Navigando sui vari siti web capita spesso  di leggere feroci commenti e terribili scambi di battute tra complottisti e anticomplottisti riguardo le missioni lunari del programma Apollo. 
Volendo generalizzare si può dire che in linea di massima tutti i debunker che popolano il web su questo argomento (cioè tutti quelli che credono che l'uomo sia andato sulla Luna)  si dividono in due grandi categorie.
La prima, piuttosto banale,  è quella di coloro che nel replicare alle tue affermazioni iniziano con una risata denigratoria di compatimento e proseguono poi mettendoti di fronte alla tua abissale ignoranza scientifica (“Sei forse laureato in astrofisica?") prima di concludere con l’invito a dedicarti ad attività più consone alle tue limitate competenze.
La seconda categoria anti-complottista è invece più interessante ed è quella di coloro che controbattono alle tue perplessità sciorinando una cultura fisico-scientifica enciclopedica. Essi disquisiscono con profonda competenza di ambienti a gravità ridotta, di riflettori laser, di radiazioni ionizzanti, di moti inerziali, di magnetosfere, di attriti statici e dinamici e di tante altre cose di straordinario interesse.
Peccato solo che tanto genio scientifico vada sperperato nel tentativo di giustificare fotografie della NASA come quella qui sopra (AS11-40-5922), in cui compare un modulo lunare visibilmente composto di carta da pacchi, mazze di scopa e tendine economiche  tenute insieme con lo scotch. Questo dà luogo a discussioni surreali e divertenti. Ecco qui di seguito un fantastico esempio di un dialogo tra un ingenuo complottista ed un esimio debunker riguardo il modulo lunare dell’Apollo 11.
Il dialogo è più o meno questo.
“Come spieghi che in questa foto il modulo lunare sembri realizzato con mazze di scopa?”
“Devi considerare che il modulo utilizza combustibile ipergolico, che genera un’accensione spontanea attraverso il semplice contatto col comburente. Non è dunque necessario alcun meccanismo di accensione e ciò ha consentito di dismettere le pompe di alimentazione, che avrebbero rischiato di andare in avaria”.
“Va bene, ma come mai il modulo sembra fatto con mazze di scopa?”.
“Cioè, tu  devi capire che tutto  dipende dalla diversa massa dei propellenti utilizzati, che erano stati distribuiti nei due serbatoi per consentire una ripartizione simmetrica del peso, il che consente di variare la direzione della spinta fino a un massimo di 6 gradi rispetto all’asse verticale, mentre la forza può essere regolata in un intervallo compreso tra i 4,7 e 43,9. Nella foto puoi vedere i quattro gruppi motore adibiti al controllo dell’assetto, i sistemi di regolazione termica e le antenne per le comunicazioni in banda S, in speciale lega d’alluminio."
“Ok, però io continuo a vedere solo delle mazze di scopa…!”
“Purtroppo la tua scarsa preparazione scientifica ti impedisce di capire che il modulo possedeva una spinta RCS di 16×440 N, era dotato di propellente N2O4/UDMH, con impulso specifico Isp pari a 290 s (2.84 kN•s/kg), una spinta in ascesa di 16 kN e due batterie elettriche da 28-32V e 296 A-h, 56.7 kg ognuna. Ti è chiaro adesso?”.
“No, per dire la verità  a me sembra  fatto solo di domopack e mazze di scopa!”
“Scusami, adesso devo andare a preparare la mia tesi sul decadimento dei bosoni di Higgs in leptoni tau. Alla prossima, e studia un po’, mi raccomando…”


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