martedì 20 settembre 2016

TROVA LE DIFFERENZE


Secondo quanto affermato dalla Nasa durante il viaggio verso la Luna   fu necessario imprimere una lenta rotazione alla navetta dell’Apollo 11 per evitare di surriscaldare le delicate apparecchiature del LEM. Eppure non c’è nessun video o fotografia che possa confermare la variazione della luminosità all’interno della capsula dovuta a tale rotazione della navicella. Ma anche ammettendo che questa notizia fosse vera c’è da porsi un’altra domanda: una volta che l’Apollo 11 giunse sul suolo lunare, come riuscì a resistere ai raggi del Sole per 21 ore e 36 minuti consecutivi senza arroventarsi nelle sue parti esterne esposte direttamente al Sole? La Nasa afferma che il Sole fosse basso all’orizzonte ma non essendoci atmosfera i suoi raggi già dopo poche ore avrebbero dovuto surriscaldare la parte del LEM esposta che era protetta solo da imbarazzanti fogli increspati di domopack dorato fissati con lo scotch adesivo. Esisteva un sistema di refrigerazione in grado di consentire il riposo degli astronauti tra la prima e la seconda EVA e poi anche tra la seconda e la terza? Con quali batterie? Nelle immagini si può notare la differenza di tecnologia adottata dalla navicella della missione Apollo 11 del 1969 rispetto a quella  della Missione Orion attualmente ancora in fase di sviluppo. Da notare che secondo la Nasa la prima è riuscita ad arrivare sulla Luna a 400.000 km dalla Terra senza trovare ostacoli insormontabili, la seconda invece non riesce ancora ad andare in orbita nemmeno a 5.000 km di distanza dalla Terra perché le fasce di van Allen rappresentano un problema di sicurezza per l’equipaggio che dovrà salire a bordo. Per tale motivo la missione prevista per il 2017 è stata dapprima spostata al 2019 e successivamente al 2021 o 2023. Se tutto questo vi sembra avere una logica…





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lunedì 19 settembre 2016

LA STORIA E' SCRITTA DALL'ESERCITO VINCITORE



All’inizio degli anni '60 la NASA ha avuto davvero le migliori intenzioni di far arrivare il primo uomo sulla Luna e per farlo ha dato il via ad una gigantesca macchina organizzativa. Questa macchina ha iniziato a sviluppare progetti e schemi tecnici, software per la verifica e lo studio delle orbite nonché a selezionare e collaudare tutte le singole componenti elettroniche ed i materiali da utilizzare. Però subito dopo l’incidente dell’Apollo 1 e la morte dei tre astronauti devono aver compreso di avere ancora troppe lacune tecniche per sperare di poter raggiungere l’obiettivo. Nei mesi successivi all’incidente tutti i programmi spaziali furono sospesi ed è stato allora che hanno maturato l’idea di poter simulare i viaggi sulla Luna. I motivi non mancavano di certo e prima ancora della necessità di vincere la sfida con i russi c’era sicuramente l’avidità di denaro e di potere. Nessuno infatti voleva rinunciare a quella montagna di dollari già stanziati e le potenti lobby militari collegate con i centri di ricerca della NASA devono aver cominciato ad elaborare una specie di “piano B”, da utilizzare solo nel caso in cui non fossero stati in grado di mandare realmente un uomo sulla Luna. Quando fu evidente che la missione lunare era impossibile la NASA diede il via al programma operativo conosciuto con la sigla ASP, cioè Apollo Simulation Project, ideato per garantire i miliardi di dollari di finanziamenti e allo stesso tempo necessario per far rinascere l’orgoglio nazionale messo a dura prova dalla guerra nel Vietnam. Comunque fossero andate le cose di fronte al mondo intero l’America sarebbe risultata vincente e questo avrebbe rafforzato il prestigio e l’immagine politica e militare della nazione, soprattutto nei confronti dell’URSS, l’unico avversario che potesse contrastare il dominio americano nel mondo. Da questo punto di vista è stata una mossa un po’ azzardata ma geniale. A quell’epoca dovevano essere convinti che nel giro di pochi anni sarebbero stati in grado di realizzare davvero gli sbarchi lunari e quindi tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi perché così avrebbero eliminato ogni possibile dubbio sull’esito delle missioni precedenti. Tieni inoltre presente che durante quel periodo i vertici della NASA avevano il controllo totale su tutte le notizie che venivano divulgate dalle televisioni e dai giornali e che non c’era quindi nessuno che potesse mettere in dubbio la versione ufficiale. Pochissime persone del progetto Apollo erano al corrente dell’inganno visto che tutti ricevevano solo le informazioni limitate allo stretto necessario e soprattutto ogni reparto funzionava a camera stagna e riferiva solo ad un unico responsabile. Purtroppo per loro non avevano previsto che a distanza di quarant’anni non avrebbero ancora acquisito le conoscenze necessarie per mandare davvero l’uomo sulla Luna. Con il progredire incessante delle conoscenze scientifiche e l’immediatezza della divulgazione su internet devono aver temuto che qualcuno potesse trovare le prove del gigantesco imbroglio e così non hanno esitato a far scomparire foto e filmati originali. Dal loro punto di vista questa è stata una mossa disperata ma comprensibile. E’ stato un inganno gigantesco ma questo non deve meravigliare. Ogni giorno molte notizie vengono manipolate ad arte per farle apparire come vere e queste spesso finiscono in una zona oscura del cervello dove la gente le percepisce e le assorbe come verità assolute. I mass media hanno un impatto terribile su milioni di persone comuni e possono facilmente influenzare e manipolare qualsiasi libera opinione. Le notizie e le informazioni che assorbiamo dai giornali, dalle riviste, dalla radio e dalla televisione sono sempre asservite al potere. Non ci stupiamo più se molti anni dopo scopriamo che alcuni avvenimenti che hanno fatto la nostra storia recente sono stati modificati o inventati di sana pianta dai mezzi di comunicazione di massa. Questa è la sola ed unica verità e non tutti sono disposti ad accettarla. I libri di storia sono scritti sempre da chi ha vinto la guerra e in tutte le guerre la verità è sempre la prima vittima.






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venerdì 16 settembre 2016

L'IMPOSSIBILE SPLASHDOWN





Uno degli innumerevoli aspetti controversi delle missioni Apollo riguarda il fatto  che la Nasa  potesse calcolare  il punto esatto di rientro nell’atmosfera e quindi anche dell’ammaraggio nell’Oceano pacifico. Per comprendere l’enorme  complessità dell’operazione  bisogna tener presente  che durante la fase di ritorno gli astronauti dovevano accendere il motore del Modulo di Servizio quando si trovavano ancora nella parte nascosta della Luna, ed imprimere la spinta dei motori con l’esatta accelerazione che gli avrebbe consentito di vincere l’attrazione lunare. Tralasciando il fatto che lo schema di rientro avrebbe dovuto essere ben diverso (con una grande iperbole nel viaggio di andata ed una più piccola per il ritorno)  la domanda è la seguente : “Com’era possibile calcolare il punto di rientro sulla Terra se, in rapporto alla loro posizione nel momento della spinta dalla parte opposta alla Luna, la Terra si trovava in una posizione sconosciuta?” Sarebbe stata un’impresa enorme anche solo riuscire a individuare esattamente la traiettoria verso la Terra senza perdersi nello spazio, visto che era necessario azzeccare un angolo di incidenza tangente all’atmosfera terrestre con un margine di errore inferiore ad un grado e senza poter comunicare con il centro di controllo visto che il contatto radio con Houston  veniva reso impossibile dalla presenza della Luna stessa che impediva l’impulso radio diretto verso la Terra.  Figuriamoci, poi programmare il rientro della missione in rapporto alla rotazione terrestre il cui calcolo a sua volta avrebbe dovuto tener conto di una lunghissima serie di variabili dovute principalmente:
- alla somma di tutte le velocità della navetta con l’accelerazione in andata dei primi due stadi;
- all’esatta traiettoria orbitale terrestre;
- all’esatta spinta del terzo stadio in rapporto al momento della posizione di inizio spinta;
- al calcolo dell’esatta ellitticità del lunghissimo viaggio di andata;
- alla rotazione orbitale esatta attorno alla Luna in rapporto alla distanza dalla superficie per ogni orbita lunare;
- al calcolo esatto al millesimo della velocità di rotazione;
- alla esatta accensione e spinta del modulo di servizio in rapporto al peso residuo comprensivo delle rocce lunari raccolte;
- alla esatta traiettoria ellittica di ritorno,
- alla sua velocità progressiva nel viaggio automatico ellittico di ritorno;
Tutto ciò, al fine di arrivare all’appuntamento del contatto con l’atmosfera terrestre mentre la Terra si trovava nella posizione esatta tale da consentire il loro rientro nell’oceano Pacifico, in un punto ben definito e determinato dalla sommatoria di tutte le distanze, i tempi e la velocità, compresi il numero delle rotazioni orbitali lunari stabilite precedentemente in rapporto alla posizione della Terra dall’ora del lancio, fino alla sua esatta posizione nel momento del rientro in rapporto a tutti i tempi e velocità ed ai  percorsi ellittici con le esatte distanze da percorrere in ciascuna missione pianificata. E riuscire sempre perfettamente in un tale calcolo dalla loro prima missione con l’Apollo 8 e le sue 10 orbite lunari fino all’ultima con le sue 75 orbite! Insomma: non è proprio, materialmente possibile, soprattutto se pensiamo che nel 1969 a bordo della navicella non c’era nemmeno un personal computer degno di questo nome. Sarebbe stato meno inverosimile se almeno in una delle missioni Apollo avessero fatto una o più orbite lunari (di circa due ore) al fine di predisporre il rientro in un area dell’oceano Pacifico che comprenda due fusi orari. Inoltre sarebbe stato meno inverosimile se essi avessero dichiarato una velocità di impatto nell’atmosfera terrestre intorno ai 28.000 km/h, invece di quelli dichiarati dalla Nasa di 39.000 km/h e tutto questo  non fa che confermare l’ipotesi che essi non potessero essere in grado di prevedere il punto esatto in cui ammarare nell’Oceano Pacifico. Il punto di ammaraggio non poteva quindi assolutamente essere calcolato in rapporto a tutte le variabili del viaggio e per la sua fattibilità essi avrebbero dovuto quindi necessariamente disporre di un ulteriore quarto stadio, potente quanto il terzo, tale da imprimergli una decelerazione dai 39.000 km/h dichiarati fino ad una velocità di molto inferiore ai 28.000 km/h  (per non fondersi nell’impatto con l’atmosfera terrestre). Questo avrebbe consentito loro di restare nell’orbita terrestre per un ultimo giro e scegliere così il momento per la frenata in modo da precipitare con una parabola controllata nell’Oceano pacifico. Quindi, se non hanno predisposto tutto questo, come avrebbero fatto a tornare sani e salvi? In base ai parametri, agli schemi di viaggio ed alle informazioni sulla velocità di rientro fornite dalla Nasa per tutte le missioni Apollo, queste  sarebbero dunque dovute precipitare sulla Terra infuocandosi e disintegrandosi come dei meteoriti, altro che ammaraggio morbido! Ma se il Saturno V avesse avuto quattro stadi e non tre la sua massa sarebbe stata ancora maggiore  ed avrebbe avuto bisogno di una spinta iniziale enormemente superiore che a tutt’oggi è ancora impossibile da realizzare! 









giovedì 15 settembre 2016

UN PREMIO IMBARAZZANTE


Nel 2007 la Google ha istituito il concorso scientifico internazionale denominato Lunar x prize con un premio di 30 milioni di dollari da assegnare alla prima organizzazione privata che fosse riuscita a mandare un robot sulla Luna in uno qualunque dei sei luoghi storici delle missioni Apollo entro il 31/12/2012. Tale termine è stato poi prorogato al 31/12/2015 e successivamente ancora al 31/12/2017 e a mio modesto avviso  si dovrebbe considerare molto strano  che a distanza di quasi 50 anni dal primo presunto sbarco sulla Luna con astronauti ci volessero ben 10 anni per tentare di mandare una sonda sulla Luna senza astronauti  Comunque sia, una volta allunato il robot avrebbe dovuto percorrere almeno 500 metri sul suolo lunare trasmettendo a Terra in diretta delle immagini ad alta risoluzione. La società tedesca Part Time Scientist aveva aderito all’iniziativa dichiarando che avrebbe inviato il suo robot Asimov sui luoghi dell’ultimo allunaggio, quello di Apollo 17 e sembrava che finalmente questo evento avrebbe fatto chiarezza una volta per tutte sui dubbi degli sbarchi sulla Luna. Invece la NASA ha inviato alla Google una “raccomandazione” affinché nel bando di partecipazione venisse inserito il divieto di attraversamento e di sorvolo su tutte le sei zone degli allunaggi per un raggio di almeno 2 chilometri. Questa raccomandazione deve essere stata molto convincente visto che la Google l’ha immediatamente recepita modificando il bando.
Se guardiamo però l’informazione presente sul web (https://it.wikipedia.org/wiki/Google_Lunar_X_Prize) si scopre che nel frattempo hanno cancellato ogni riferimento alla raccomandazione/proibizione della Nasa, come se ognuno dei partecipanti potesse liberamente scegliere il luogo lunare da esplorare con il robottino e da cui inviare le immagini in diretta. A questo punto non si può non pensare male visto che la Nasa avrebbe dovuto avere tutto l’interesse di poter dimostrare al mondo l’autenticità dei sei presunti sbarchi  lunari e la sua giustificazione fa acqua da tutte le parti. La Nasa infatti ha affermato che tale divieto servirebbe a salvaguardare i 6 siti storici dalle possibili contaminazioni esterne che comprometterebbero irrimediabilmente i reperti tutt’ora presenti sul suolo lunare. Vorrebbero insomma  farci credere che una sonda automatica senza equipaggio a bordo che orbita nello spazio infinito senza l’ausilio di motori inquinanti, che non scende a terra e che si limita ad eseguire filmati o fotografie  del suolo lunare da meno di 2 km di altezza  può provocare un  inquinamento ambientale simile a quello provocato da una coda di automobili con il motore acceso in centro città. Con il denaro hanno comprato il silenzio degli astronauti e con lo stesso denaro adesso cercano di allontanare il giorno della verità. La cosa più triste è che in realtà la NASA si comporta come se la Luna fosse una sua esclusiva proprietà. Sta di fatto che sono passati quasi 10 anni da quando è stato istituito il premio nel 2007 e ancora oggi nessuna sonda è riuscita nell’impresa di allunare e di inviare immagini dalla Luna. Eppure  tra il 1969 ed il 1972 ci sarebbero state ben 6 missioni americane a far scendere sulla Luna non solo le sonde ma persino 12 astronauti che  avrebbero realizzato le storiche imprese  senza nemmeno l’ausilio di satelliti  GPS, personal computer, disegni in 3D , autocad, macchine fotografiche digitali ecc.
Io penso che entro la data del 31/12/2017 non ci sarà alcuna sonda sulla superficie lunare ma allo stesso tempo non posso  neppure escludere che la Nasa riesca, con la complicità delle fonti di informazione, ad utilizzare la tecnologia avanzatissima dei programmi digitali di  computer grafica per realizzare delle immagini talmente realistiche che potrebbero facilmente essere ritenute autentiche. Così forse potremo finalmente vedere perfino la famosa bandiera americana a stelle e strisce . A quel punto si aspetteranno perfino le scuse degli ingenui complottisti per aver messo in dubbio l’autenticità dello sbarco sulla Luna.

“Si dice che la verità trionfa sempre, ma questa non è la verità”(Anton Cechov)







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martedì 13 settembre 2016

LA NASA E LA MANIPOLAZIONE DELLA VERITA'


"Nella grande bugia c'è sempre una certa forza di credibilità perché le grandi masse di una nazione vengono sempre influenzate più facilmente negli strati profondi della loro natura emotiva piuttosto che in quella razionale.  Quindi, nella primitiva semplicità delle loro menti, essi cadono vittima più facilmente della grande bugia piuttosto che della piccola bugia, in quanto possono mentire solo su cose da poco ma si vergognerebbero di ricorrere a grandi inganni. Poiché a loro non verrebbe mai in mente di elaborare grandi falsità ​​ non crederebbero nemmeno che altri possano avere l’impudenza di distorcere la verità in un modo così infame. Anche quando i fatti dimostrano poi che sia effettivamente così, essi tuttavia resteranno ancora nel dubbio e continueranno a pensare che ci debba essere qualche altra spiegazione. Per questo motivo la menzogna più grande è difficile da cancellare anche dopo che è stata smascherata ed è un dato di fatto universalmente noto a tutti i bugiardi professionisti ed a tutti coloro che sanno trarre profitto dall’arte del mentire. Queste persone sanno fin troppo bene come usare la menzogna per gli scopi più vili."
(Adolph Hitler)
In sostanza il principio che Hitler aveva annunciato in un discorso alla radio nel lontano 1925  è tutt’ora valido e si può sintetizzare in questo modo : “se la menzogna è di proporzioni enormi alla gente non verrà neanche in mente  che sia possibile elaborare una così profonda falsificazione della verità”
Ancora adesso, nonostante tutte le innumerevoli perplessità, dubbi e contraddizioni che  riguardano praticamente ogni aspetto delle missioni Apollo, per la gente comune è difficile anche solo prendere in considerazione l’idea che  qualcuno abbia messo in atto una menzogna così colossale e questo basta a tranquillizzarla. Ciò che Hitler aveva compreso nel 1925 purtroppo vale in ogni latitudine del mondo e per ogni nazione. Questo purtroppo vale anche per la NASA e per tutte le missioni Apollo.






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L'ANTICIPAZIONE DEL PRIMO LUNA PARK




Il simulatore della luna chiamato LOLA ( Lunar Orbiter Landing) è stato realizzato della NASA a Langley Research Center di Hampton, in Virginia, per poter rappresentare  ciò che gli astronauti avrebbero concretamente visto nel momento in cui fossero entrati nell’orbita lunare. La macchina, costata oltre due milioni di dollari, poteva contare su una cabina di guida, un sistema televisivo a circuito chiuso e su quattro grandi murales o modelli in scala che rappresentavano porzioni della superficie lunare. Una specie di rotaia circondava completamente il globo e consentiva ad un carrello di muoversi lentamente  attorno alla finta superficie lunare dando così l’impressione di essere in orbita attorno alla Luna. Grazie a questo sistema l’astronauta avrebbe visto i crateri della superficie lunare come se fosse in orbita allenando quindi i suoi sensi a ciò che avrebbe affrontato  nella missione reale. Secondo gli scienziati della NASA l’utilità di questo simulatore consisteva nell’allenare gli astronauti alla violenta luce del sole causata dalla mancanza  di atmosfera e quindi per consentire agli astronauti di sperimentare artificialmente queste condizioni. In pratica si trattava di un plastico di grosse dimensioni costituito da un globo di alcuni metri di diametro su cui erano stati disegnati minuziosamente i crateri  che erano stati rilevati fotograficamente dai satelliti delle prime missioni Apollo. Un ennesimo esempio di Luna park americano. Ideato già nel 1962 è diventato utilissimo nel momento in cui la Nasa si è resa conto dell’impossibilità di realizzare una vera missione lunare dando così il via  alla più grande messinscena della storia umana. Non ci sono dubbi che il trucco abbia funzionato straordinariamente bene ma non c’è da meravigliarsi troppo.  Per capirlo basterebbe ricordare le parole dell’imperatore romano Giulio Cesare : “La gente crede molto più facilmente a ciò che desidera credere”. 











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lunedì 12 settembre 2016

SI PUO' ESSERE PIU' IMBECILLI?


Questo è il filmato della missione dell’Apollo 15 relativo all’esperimento della piuma e del martello, ideato, programmato e realizzato dagli scienziati della NASA per fugare i primi dubbi che si erano insinuati  pericolosamente nell'opinione pubblica alimentando il sospetto che quelle immagini televisive potessero essere dei clamorosi falsi.  Ci sarebbe molto da dire già sul semplice fatto che gli astronauti, invece di utilizzare il prezioso tempo a loro disposizione  per immortalare le stelle luminosissime e di una bellezza straordinaria in assenza di pulviscolo, perdessero tempo a fare "esperimenti" di questo livello.  Le immagini del video sono purtroppo sfocate (guarda caso) ma comunque  nel punto di impatto (in time 1,03), si può notare  come il martello fosse di plastica o di gomma, e la piuma di metallo! Lo si comprende chiaramente perchè la piuma rimbalza al suolo mentre il manico del martello  ondeggia prima di cadere e poi non penetra nella sabbia come sarebbe lecito attendersi.  Probabilmente era quella stessa piuma d'oro che gli astronauti  avrebbero lasciato sulla Luna quale testimonianza per la morte dei tanti astronauti che li avevano preceduti.

Per certi versi la situazione è così imbarazzante che gli americani nella loro ingenua imbecillità fanno quasi tenerezza



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LE COMUNICAZIONI RADIO IMPOSSIBILI



Un elemento importante da tenere in considerazione riguarda la comunicazione tra gli astronauti sul suolo lunare ed i tecnici di Houston sulla Terra. E’ curioso notare  che nei  vari filmati, perfino quando gli astronauti sono sul rover, le comunicazioni radio non scompaiono mai, anzi sono sempre fluide e senza alcun ritardo. Possibile che gli astronauti con la loro minuscola antennina sul casco (e con la misera tecnologia di allora) riuscissero a trasmette il segnale  fino alla Terra? Si tenga presente che  essi non erano nemmeno collegati via cavo con l’antenna del Rover  eppure  non solo inviavano l’audio  ma lo  ricevevano pure! E tutto questo  avveniva anche mentre il Rover camminava in ogni direzione e addirittura senza  che l’antenna venisse  indirizzata verso la Terra! Sul LEM doveva necessariamente essere presente un’antenna diretta verso la Terra e ci doveva essere per forza un ponte radio con questa, ma non c’è nessuna immagine o filmato che lo possa confermare. Peraltro appare del tutto inverosimile   ipotizzare che dalla Terra, nonostante le enormi parabole di ricezione, potessero intercettare quel debole segnale ed è ancora più impensabile ipotizzare che sulla luna gli astronauti potessero ricevere delle comunicazioni con quella misera antennina e quella specie di ombrellino da sole che era la loro stazione ricevente.



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giovedì 8 settembre 2016

LA SONDA PHILAE, LA COMETA E LA LUNA

























































L'ambiziosa missione Rosetta dell'ESA si è assicurata un posto nei libri di storia : non solo è la prima ad avvicinarsi e ad orbitare una cometa, ma adesso è anche la prima a rilasciare una sonda sulla superficie della cometa, ha fatto notare Jean-Jacques Dordain, il Direttore Generale dell'ESA. Rosetta è stata lanciata il 2 marzo 2004 ed ha viaggiato per oltre 6.4 miliardi di chilometri attraverso il Sistema Solare prima di arrivare alla cometa il 6 agosto 2014. Dopo un periodo in cui è rimasta  a circa  10 km di distanza per permettere ulteriori studi ravvicinati della zona scelta per l'atterraggio, Rosetta si è spostata su una traiettoria più distante per preparare il rilascio di Philae. Il 12 Novembre 2014 Rosetta ha consentito alla sua sonda Philae di eseguire un atterraggio morbido sulla cometa ed è in assoluto la prima volta nella storia che viene realizzata un'impresa così straordinaria ad una distanza di circa 510 milioni di km dalla Terra. L'arrivo sulla cometa è avvenuto ad una velocità di circa 1m/s, con il carrello di atterraggio a tre gambe ad assorbire l'impatto per evitare il rimbalzo. Gli aspetti scientifici salienti della prima fase hanno incluso una vista panoramica totale della zona di atterraggio, compresa una sezione in 3D, immagini ad alta risoluzione della superficie subito al di sotto del modulo di atterraggio, analisi in loco della composizione dei materiali di superficie della cometa, e un foro per prelevare campioni ad una profondità di 23 cm e caricarli su un laboratorio di bordo per l'analisi. Mentre Philae cominciava il suo studio ravvicinato della cometa, Rosetta rimaneva nell'orbita intorno alla cometa, ritornando infine ad un'orbita a 20 km il 6 dicembre. Rosetta ha eseguito anche dei coraggiosi passaggi ravvicinati a soli 8 km dal centro della cometa. Le operazioni  però in seguito si sono rivelate   più difficili del previsto: dopo tre giorni d'ispezioni e alcune foto emozionanti la batteria primaria di Philae si era esaurita, e le attività del lander si erano interrotte. Da allora, piccoli segnali di Philae erano stati criptati da Roseatta solo tra il giugno ed il luglio del 2015 grazie all’avvicinamento della cometa al sole, la cui energia aveva riattivato temporaneamente il dispositivo. Fino ad oggi però, la precisa localizzazione di Philae non era nota. E proprio quando la speranza di un rinvenimento stava irreversibilmente scemando, Rosetta ha sorpreso tutti. Lo ha spiegato anche Patrick Martin, manager della missione dell’Esa: “Questa notevole scoperta arriva al termine di una lunga e scrupolosa ricerca. Cominciavamo a pensare che Philae sarebbe rimasto perso per sempre. È incredibile essere riusciti ad ottenere delle sue immagini proprio in queste ultime ore”. Rosetta compirà ora la sua definitiva discesa sulla cometa il 30 settembre 2016, per investigare da vicino il corpo celeste, nella speranza che le immagini dettagliate possano rivelare qualche segreto della sua struttura interna.Osserviamo ora con attenzione l’immagine seguente della sonda incastrata in un crepaccio della cometa

Penso che sia naturale doversi porre la seguente semplice domanda: Ma se la tecnologia attuale consente di ottenere delle immagini nitidissime della  sonda Philae che ha  dimensioni minime ( 100 cm x 100 cm x 80 cm) in un luogo dello spazio distante qualcosa come 510 milioni di chilometri è mai possibile che nessuno sia in grado di mandare un’immagine altrettanto nitida  della parte inferiore del LEM che ha un diametro pari a circa 5 metri e che sarebbe stato abbandonato sulla Luna a soli 384.000 chilometri? E come mai la sonda LRO  che nel 2009 ha inviato delle immagini quasi surreali dei luoghi del presunto allunaggio da un’orbita di 21 km di altezza dalla Luna non può abbassarsi fino ad una quota di 8 km come ha fatto la sonda Rosetta? Difficile dare una risposta sensata, vero? Oddio, a meno che  non si prenda seriamente in considerazione l’unica risposta possibile, cioè che sulla Luna il Lem si può visualizzare solo con l’ausilio di Photoshop. Quindi per la Nasa  è meglio stendere un velo pietoso.




Il confronto delle immagini precedenti con questa è davvero impietosa. Per la Nasa quelle indicate sarebbero le impronte lasciate dagli astronauti e dal rover. Sfido chiunque a lasciare un'impronta da un centimetro di spessore sulla sabbia e a poterla visualizzare a 21 chilometri di distanza!  Da quando hanno iniziato a usare photoshop si sono lasciati andare senza più ritegno. Un tempo almeno si limitavano a colorare di nero lo sfondo delle immagini girate nel deserto del Nevada e la cosa gli riusciva decisamente meglio...

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