Secondo quanto affermato
dalla Nasa durante il viaggio verso la Luna
fu necessario imprimere una lenta
rotazione alla navetta dell’Apollo 11 per evitare di surriscaldare le delicate
apparecchiature del LEM. Eppure non c’è nessun video o fotografia che possa confermare la
variazione della luminosità all’interno della capsula dovuta a tale rotazione
della navicella. Ma anche ammettendo che questa notizia fosse vera c’è da porsi un’altra
domanda: una volta che l’Apollo 11 giunse sul suolo lunare, come riuscì a
resistere ai raggi del Sole per 21 ore e 36 minuti consecutivi senza arroventarsi
nelle sue parti esterne esposte direttamente al Sole? La Nasa afferma che il Sole
fosse basso all’orizzonte ma non essendoci atmosfera i suoi raggi già dopo poche
ore avrebbero dovuto surriscaldare la parte del LEM esposta che era protetta
solo da imbarazzanti fogli increspati di domopack dorato fissati con lo scotch adesivo. Esisteva un sistema
di refrigerazione in grado di consentire il riposo degli astronauti tra la
prima e la seconda EVA e poi anche tra la seconda e la terza? Con quali
batterie? Nelle immagini si può notare la differenza di tecnologia adottata
dalla navicella della missione Apollo 11 del 1969 rispetto a quella della Missione
Orion attualmente ancora in fase di sviluppo. Da notare che secondo la Nasa la prima è riuscita ad arrivare sulla Luna a 400.000 km dalla Terra senza trovare
ostacoli insormontabili, la seconda invece non riesce ancora ad andare in
orbita nemmeno a 5.000 km di distanza dalla Terra perché le fasce di van Allen
rappresentano un problema di sicurezza per l’equipaggio che dovrà salire
a bordo. Per tale motivo la missione prevista per il 2017 è stata dapprima spostata
al 2019 e successivamente al 2021 o 2023. Se tutto questo vi sembra avere una
logica…
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