Per fotografare le
stelle dallo spazio è necessario dotarsi di una macchina fotografica da
posizionarsi su un treppiede in maniera tale da poter eseguire degli scatti con
diaframma aperto e tempi di esposizione
lunghi in grado di consentire alla debole luce delle stelle di impressionare la
pellicola. Questo non è certo mistero e lo sanno tutti i fotografi . Eppure nelle sei missioni Apollo
sbarcate sulla Luna nessun equipaggio era dotato di un piccolo treppiede su cui
poter fissare le mitiche Hasselblad per poter eseguire le fotografie delle stelle
e delle costellazioni più straordinarie , luminose e emozionanti che essere
umano avesse mai visto. In sostanza era necessario solo impostare la macchina
fotografica con messa a fuoco impostata su infinito, un diaframma aperto, una
pellicola con sensibilità maggiore e impostando i tempi di esposizione in base
alla semplice formula : 600/60 mm= 10 secondi ( 600 è un numero fisso mentre
60mm è la focale dell’obiettivo Zeiss Biogon utilizzato per le missioni
Apollo). Sarebbe stata un’opportunità
unica di poter immortalare la volta celeste
in assenza di atmosfera e di pulviscolo ed inoltre quelle immagini non
solo avrebbero documentato in maniera inconfutabile l’autenticità degli sbarchi
ma sarebbero state utilissime per avere la mappatura più dettagliata e precisa
delle costellazioni più lontane e misteriose. La Nasa si difende affermando che
gli astronauti avevano il compito di riprendere i paesaggi lunari e di
conseguenza hanno scelto di impostare tempi e diaframmi per questo scopo. Tale
scelta pregiudicava però irrimediabilmente la possibilità di cogliere le stelle nel cielo perché le stelle sono
molto meno luminose rispetto alla aree illuminate dal sole. Ma se questa
debolissima giustificazione potrebbe essere presa in considerazione per la
prima missione dell’Apollo 11, non si comprende perché nelle successive cinque presunte
missioni dell’Apollo 12-14-15-16-17, nessuno scienziato della Nasa abbia valutato
la possibilità di inserire il treppiede tra le attrezzature degli astronauti. C’è
da sorridere al pensiero che nelle
successive missioni Apollo gli astronauti si siano portati dietro le cose più
inverosimili come ad esempio la piuma ed
il martello (esperimento scientifico da circo Orfei), una mazza da golf con
pallina regolamentare ( già che c'erano potevano portare anche una palla ovale da football americano), una statuetta da depositare sul suolo lunare in memoria
degli astronauti scomparsi ( piace molto far leva sullo spirito patriottico di ogni americano), una spilla d’oro, una fotografia con la foto di
famiglia inserita in una busta di
plastica (nonostante al sole la temperatura superasse i 100 gradi!), una
bibbia in miniatura (nel caso sulla Luna ci fosse qualcuno da convertire), una
specie di disco metallico con inseriti dati e codici del linguaggio provenienti
dal pianeta terra, una targa dorata in cui si precisava, a scanso di equivoci, che erano venuti in pace a
nome di tutta l’umanità (mentre negli stessi giorni sulla terra lanciavano il napalm
sul Vietnam) e naturalmente l’immancabile bandiera americana. Viene davvero da
sorridere al pensiero che si siano dimenticati di fare l’unica cosa seria che
potesse dimostrare dov’erano veramente.
Già, ci sarebbe davvero da sorridere se non fosse per la tristezza che subentra
al pensiero che ancora oggi molti si ostinano a credere ad una simile e
vergognosa messinscena.
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