Nel 2007 la Google ha
istituito il concorso scientifico internazionale denominato Lunar x prize con
un premio di 30 milioni di dollari da assegnare alla prima organizzazione
privata che fosse riuscita a mandare un robot sulla Luna in uno qualunque dei
sei luoghi storici delle missioni Apollo entro il 31/12/2012. Tale termine
è stato poi prorogato al 31/12/2015 e successivamente ancora al 31/12/2017 e a
mio modesto avviso si dovrebbe
considerare molto strano che a distanza
di quasi 50 anni dal primo presunto sbarco sulla Luna con astronauti ci
volessero ben 10 anni per tentare di mandare una sonda sulla Luna senza
astronauti Comunque sia, una volta
allunato il robot avrebbe dovuto percorrere almeno 500 metri sul suolo lunare
trasmettendo a Terra in diretta delle immagini ad alta risoluzione. La società
tedesca Part Time Scientist aveva aderito all’iniziativa dichiarando
che avrebbe inviato il suo robot Asimov sui luoghi dell’ultimo
allunaggio, quello di Apollo 17 e sembrava che finalmente questo
evento avrebbe fatto chiarezza una volta per tutte sui dubbi degli sbarchi
sulla Luna. Invece la NASA ha inviato alla Google una “raccomandazione”
affinché nel bando di partecipazione venisse inserito il divieto di
attraversamento e di sorvolo su tutte le sei zone degli allunaggi per un raggio
di almeno 2 chilometri. Questa raccomandazione deve essere stata molto
convincente visto che la Google l’ha immediatamente recepita modificando il
bando.
Se guardiamo però l’informazione
presente sul web (https://it.wikipedia.org/wiki/Google_Lunar_X_Prize)
si scopre che nel frattempo hanno cancellato ogni riferimento alla
raccomandazione/proibizione della Nasa, come se ognuno dei partecipanti potesse
liberamente scegliere il luogo lunare da esplorare con il robottino e da cui
inviare le immagini in diretta. A questo punto non si può non pensare male
visto che la Nasa avrebbe dovuto avere tutto l’interesse di poter dimostrare al
mondo l’autenticità dei sei presunti sbarchi lunari e la sua
giustificazione fa acqua da tutte le parti. La Nasa infatti ha affermato che
tale divieto servirebbe a salvaguardare i 6 siti storici dalle possibili
contaminazioni esterne che comprometterebbero irrimediabilmente i reperti tutt’ora
presenti sul suolo lunare. Vorrebbero insomma farci credere che una sonda
automatica senza equipaggio a bordo che orbita nello spazio infinito senza
l’ausilio di motori inquinanti, che non scende a terra e che si limita ad
eseguire filmati o fotografie del suolo lunare da meno di 2 km di altezza
può provocare un inquinamento ambientale simile a quello provocato
da una coda di automobili con il motore acceso in centro città. Con il
denaro hanno comprato il silenzio degli astronauti e con lo stesso denaro
adesso cercano di allontanare il giorno della verità. La cosa più triste è
che in realtà la NASA si comporta come se la Luna fosse una sua esclusiva
proprietà. Sta di fatto che sono passati quasi 10 anni da quando è stato istituito
il premio nel 2007 e ancora oggi nessuna sonda è riuscita nell’impresa di
allunare e di inviare immagini dalla Luna. Eppure tra il 1969 ed il 1972
ci sarebbero state ben 6 missioni americane a far scendere sulla Luna non solo
le sonde ma persino 12 astronauti che avrebbero realizzato le storiche
imprese senza nemmeno l’ausilio di satelliti GPS, personal
computer, disegni in 3D , autocad, macchine fotografiche digitali ecc.
Io penso che entro la
data del 31/12/2017 non ci sarà alcuna sonda sulla superficie lunare ma allo
stesso tempo non posso neppure escludere
che la Nasa riesca, con la complicità delle fonti di informazione, ad
utilizzare la tecnologia avanzatissima dei programmi digitali di computer grafica per realizzare delle immagini
talmente realistiche che potrebbero facilmente essere ritenute autentiche. Così
forse potremo finalmente vedere perfino la famosa bandiera americana a stelle e
strisce . A quel punto si aspetteranno perfino le scuse degli ingenui complottisti
per aver messo in dubbio l’autenticità dello sbarco sulla Luna.
“Si dice che la verità
trionfa sempre, ma questa non è la verità”(Anton Cechov)
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